Cinema
12:26 am, 23 Dicembre 22 calendario
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Close, due adolescenti tra innocenza e pregiudizi

Di: Redazione Metronews
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Close sbarca a gennaio nelle sale. Una storia di amicizia e due adolescenti che potrebbero navigarci dentro con l’innocenza che precede ogni pregiudizio e invece no, si blocca, s’incrina e si spezza contro il mondo dei grandi. E, non a caso, tutto è nato da una scuola e dentro una scuola.

Il premiato Close by Lukas Dhont

«Un giorno sono andato a visitare la mia vecchia scuola elementare. I ricordi sono tornati, facendo riemergere quel tempo in cui era davvero difficile essere me stesso, senza filtri. I ragazzi si comportavano in un modo, le ragazze in un altro, mi son sempre sentito come se non appartenessi a nessun gruppo. Essere intimo con un altro ragazzo sembrava solo confermare le supposizioni che altri avevano sulla mia identità sessuale. Ho cercato di fare ordine tra questi sentimenti, mettendo qualche parola nero su bianco: amicizia, intimità, paura, mascolinità… e ne è emerso Close». Così Lukas Dhont, regista del notevole Close, presentato in concorso al 75° Festival di Cannes, dove ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria, poi nella sezione della Festa del Cinema di Roma Alice nelle città, e che con 4 candidature agli European Film Awards 2022 (Miglior regista, Miglior attore, Miglior sceneggiatore e Miglior film europeo) arriva al cinema il 4 gennaio.

Due adolescenti che crescono specchiandosi l’uno nell’altro ma che poi bruscamente assumono un atteggiamento opposto davanti al mondo iperstrutturato dei grandi.

In chi dei due si riflette il regista?

«Sia Léo che Rémi: c’è un pezzo di me in entrambi i personaggi. Innanzitutto abbiamo determinato l’età degli attori, un momento preciso tra infanzia e adolescenza: l’inizio della scuola secondaria, delle domande sulla sessualità, i cambiamenti fisici, il rapporto con il mondo e come queste cose si evolvono. Il libro Deep Secrets della psicologa Niobe Way, in cui analizza 100 ragazzi dai 13 ai 18 anni, è stato fonte d’ispirazione. A 13 anni, i ragazzi parlano dei loro amici come se fossero le persone che amano di più al mondo, alle quali possono aprire il cuore. L’autrice racconta di come ogni anno incontrava ciascun ragazzo e osservava come, nel tempo, i ragazzi faticassero sempre più a far emergere l’idea di intimità con i loro amici maschi».

E se Lukas Dhont ha cercato di raccontarci come tutto questo impatta sull’idea di mascolinità socialmente imposta, lo ha fatto attraverso i corpi e il movimento più che attraverso le parole. E lui sa bene il perché. «L’ho capito – spiega – durante i miei studi di cinema. Mentre tutti gli altri studenti facevano tirocini nelle produzioni cinematografiche, io facevo stage con dei coreografi. Non volevo diventare un regista ma un ballerino. Ho rinunciato a quel sogno a 13 anni perché mi vergognavo. Quando ballavo mi sentivo giudicato e non avevo la forza di fregarmene di quel che pensavano gli altri. Però, quando ballavo avevo modo di esprimermi, di essere me stesso. Quell’esperienza mi ha lasciato quasi una ferita fisica, ma nonostante tutto sono sempre rimasto vicino a coreografi e ballerini».

L’ancora di salvezza.
«La scrittura mi ha dato un altro modo per incanalare questo desiderio. Mi sono reso conto che trovo più difficile esprimermi attraverso le parole che attraverso il movimento e la danza. Quando scrivo, le parole spesso si traducono in intenzioni corporee. Direi che nei miei film amo più di ogni altra cosa comunicare attraverso i movimenti».

23 Dicembre 2022 ( modificato il 22 Dicembre 2022 | 13:15 )
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