Roma
9:58 pm, 15 Febbraio 17 calendario

Mafia Capitale, in aula le contestazioni all’ex consigliere Pd

Di: Redazione Metronews
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ROMA «Non mi piace essere considerato l’uomo di Umberto Marroni (parlamentare Pd ndr). Ma lui è stato un mio punto di riferimento».  Per difendersi da tutte le accuse a suo carico, l’ex consigliere comunale Pd Pierpaolo Pedetti, accusato di corruzione, nel corso dell’udienza di ieri ha deciso di partire dalla sua storia politica, prima nei Ds, poi nel Pd, rivendicando le amicizie e i legami con molti dei protagonisti dell’inchiesta Mafia Capitale. Da Salvatore Buzzi, («per il nostro gruppo non era un imprenditore»), fino a Daniele Ozzimo, l’ex assessore capitolino alla Casa («con lui avevo un rapporto di amicizia e militanza comune»).
Secondo l’accusa, durante la giunta Marino, Pedetti era il punto di riferimento in Campidoglio dell’ex presidente della 29 giugno, che a lui si rivolgeva per chiedere emendamenti sul patrimonio pubblico. E non solo. Fra i due la stima era reciproca, tanto che in una telefonata del 2014, Pedetti si serviva di Buzzi per comunicare con Ozzimo: «Digli (a Ozzimo ndr): “Guarda, Pierpaolo m’ha detto che dal fondo di riserva un milione t’è arrivato a te. Che c… pensi de facce?». Il pm Luca Tescaroli a lungo si è soffermato su questa intercettazione: perché mai un consigliere dovrebbe ricorrere ad un privato per sapere le intenzioni dell’assessore della sua stessa maggioranza? Ma per Pierpaolo Pedetti questa era una pratica normale: «Non ci vedo nulla di stravagante  – ha detto alzando la voce – i consiglieri comunali non vivono nella stratosfera e si devono confrontare con le parti sociali».
Nelle intercettazioni agli atti, spesso il nome di Pedetti viene tirato in in ballo da altri interlocutori, come nel caso della Coop Locomotive Deposito San Lorenzo, che Buzzi avrebbe dovuto salvare acquistando 14 appartamenti, per poter ottenere i finanziamenti regionali (circa 7 milioni di euro), annunciati dal funzionario della Pisana Guido Magrini.  Ma anche qui, incalzato dal pm, Pedetti, ha detto di non saper nulla della vicenda, nonostante in una conversazione, Brigidina Paone, collaboratrice di Ozzimo, dicesse di averlo  informato. Allo stesso modo si è dichiarato all’oscuro della lite fra Buzzi e Andrea Carlini, ex consigliere Atac e suo socio, fino al maggio 2013, della coop “Segni di Qualità”, proprietaria di due appartamenti che Buzzi avrebbe dovuto prendere in affitto, prima che l’affare saltasse. «Incontrai Buzzi in Campidoglio e mi disse che cercava degli appartamenti per l’emergenza alloggiativa. Gli segnalai solo Carlini. Del resto non so nulla».
Dopo Pedetti, a prendere la parola nell’aula bunker di Rebibbia è stato invece l’ex consigliere municipale del Pd e collaboratore di Buzzi, Michele Nacamulli, accusato di corruzione e turbativa d’asta con l’aggravante del metodo mafioso. «Io ero solo un dipendente – si è difeso Nacamulli – prima facevo l’operaio, poi sono diventato il segretario di Buzzi. Ma non gli ho mai visto dare soldi a nessuno. Lui diceva sempre- ha aggiunto Nacamulli, messo a confronto con il verbale del suo interrogatorio del 2015: “Noi vinciamo perché siamo più bravi degli altri”. Diceva che dava soldi a tutti. Che faceva le turbative d’asta. Ma non era preso sul serio quando faceva questi exploit. A me diceva: “Se non trovi gli appartamenti (per l’emergenza alloggiativa ndr) ti sparo sul piede». Ma io non avevo paura. Faceva lo stupido».
Nel corso del suo esame, Nacamulli ha anche ricostruito il suo rapporto con Massimo Carminati, con cui un giorno si recò a Campagnano per visitare una struttura da lui consigliata per l’emergenza abitativa. «Era un palazzo fatiscente e non se ne fece nulla. All’inizio non sapevo chi fosse, me lo ha detto un collega, facendo un segno con la mano sull’occhio. Mi capitava di vederlo seduto sulla panchina – ha affermato Nacamulli – Con lui parlavo di politica estera e di Palestina davanti alla macchinetta del caffè».  Il “Nero”, che continua ad essere al centro di molte delle testimonianze, sarà interrogato il prossimo 15 marzo, dopo Salvatore Buzzi. Poi, al termine dell’esame degli imputati, verranno ascoltati alcuni dei testimoni mancanti, fra cui il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti, il cui intervento è stato fissato per il prossimo 21 marzo nell’aula bunker, da cui, sempre ieri, è giunto alla corte il grido di dolore di Claudio Caldarelli, collaboratore di Buzzi, attualmente detenuto a Rebibbia. Sperava che i suoi gravi problemi cardiaci potessero aprirgli le porte degli arresti domiciliari. Invece per lui è stato disposto il trasferimento nel carcere di Secondigliano, uno dei pochi istituti penitenziari dotati di una clinica specializzata. Una destinazione non gradita a Caldarelli che, in caso di spostamento, ha annunciato la volontà di interrompere le cure. «Io a Secondigliano non ci vado – ha detto piangendo – non ce la faccio più. Non voglio andare in mezzo ai camorristi».
MARCO CARTA 

15 Febbraio 2017
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