Milano Teatro
5:15 am, 5 Marzo 24 calendario

Eugenio Barba e l’Odin Teatret festeggiano 60 anni al Menotti

Di: Patrizia Pertuso
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Sessant’anni, ma non li dimostra. Anzi. Mai come adesso il teatro – o meglio, le pratiche teatrali – di Eugenio Barba e del suo Odin Teatret sprizzano vita ed energia. Lui, che di anni ne compirà 88 in ottobre, da quando ha lasciato il suo “quartier generale” a Holstebro in Danimarca, non si ferma un attimo. E per festeggiare questi 60 anni del suo Odin sta facendo il giro del mondo.

Eugenio Barba e l’Odin Teatro al Teatro Menotti

Dal 12 al 17 marzo sarà al Teatro Menotti di Milano con un programma che ha tanto il gusto dell’evento: presentazioni di film (L’arte dell’impossibile di Elsa Kvamme, Il paese dove gli alberi volano di Davide Barletti e Jacopo Quadri, La conquista della differenza di Exe Christoffersen e Zona Limite di Stefano di Buduo), spettacoli teatrali (Ave Maria con l’immancabile e insostibuile Julia Varley e La casa del sordo con Else Marie Laukvik, Rina Skeel, Ulrik Skeel), masterclass (con Tage Larsen e la stessa Julia Varley) e la conferenza di Eugenio Barba, che non vuole essere chiamato “Maestro” ma che, in realtà, lo è soprattutto per le sue pratiche raccolte nella “summa” di quello che lui stesso ha chiamato “antropologia teatrale”.

Il teatro “migrante” di Barba

Barba nasce salentino e diventa migrante in tempi “non sospetti”. Si porta dentro la costante ricerca di una casa, come ammette lui stesso. E la trova in una comunità di persone che formano l’Odin Teatret. E che vanno oltre il teatro. Oltre quel modo di fare spettacolo “istituzionale”. Oltre la scena. Oltre i testi. Oltre la recitazione.

L’Odin e i “baratti”

Vanno in luoghi dove il teatro inteso all’occidentale non esiste e propongono “baratti”: i performer dell’Odin offrono canti, danze, parate e in cambio chiedono una restituzione di altrettanti canti, danze e parate scovate nel retaggio culturale del paese in cui si trovano. Perché, come scriveva Eugenio Barba in Il popolo del rituale, «gli dèi se ne sono andati. Noi siamo vascelli senza più equipaggio, vascelli ebbri portati da correnti oscure. Eppure ho un credo: solo misurandomi con gli altri posso dare un senso alla rotta, incontrare la mia identità».

Eugenio Barba e l’Ista

La ricerca di se stesso attraverso gli altri è la costante delle sue pratiche teatrali che lo portano a cercare di ridurre a un semplice impulso muscolare le differenze tra il teatro d’Oriente e d’Occidente. Per questo fonda l’ISTA, l’International School of Theatre Anthropology, nella quale insegna quali sono le tecniche pre espresive che rappresentano il punto di partenza di ogni movimento: ciascuno poi declinerà quell’“unità di base” secondo il proprio modello culturale, ma quello che resta – visibile negli spettacoli di Theatrum Mundi – è una summa di energia che avvolge e coinvolge performer e spettatori.

Le “isole galleggianti” di Barba

Con Barba lavorano persone provenienti da ogni parte del mondo e così come accadeva negli angoli di un Salento inconsapevole o di una Barbagia stupefatta degli anni ‘70, tutti si ritrovano in un significato teatrale comune. Tutti, come isole galleggianti collegate tra loro da un sottilissimo filo invisibile. Così, formano un arcipelago. Poi, continuano a rubare terra al mare e tessono fili sottili che le tengono insieme.

Il LAFLIS inaugurato a Lecce

Lo dimostra perfettamente l’Archivio delle Isole Galleggianti, il LAFLIS, inaugurato lo scorso anno a Lecce: uno spazio in cui la memoria fluisce libera nel corso del tempo e dello spazio. Non si ferma di fronte a un confine, perché quel confine viene spazzato via da un vento nuovo. Ciò che poteva sembrare certo svanisce di fronte a Mr Peanut, il personaggio che gira sui trampoli e ha la faccia di una Morte che non morirà mai.

A dargli vita c’è ora Julia Varley che, oltre al lavoro con l’Odin, da anni porta avanti un altro progetto: una rete internazionale di donne nel teatro e nella performance contemporanea riunite nel Magdalena Project con lo scopo di aumentare la consapevolezza del contributo delle donne al teatro, di creare le strutture artistiche ed economiche e le reti di sostegno per consentire alle donne di lavorare.

Nel corso del suo soggiorno a Milano Barba e l’Odin si offriranno al pubblico per raccontarsi, mostrarsi, farsi conoscere o ri-conoscere. Perché malgrado siano passati 60 anni il lavoro di Eugenio Barba, di Julia Varley, di Elsa Kvamme, di Tage Larsen, di Else Marie Laukvik, di Rina Skeel, di Ulrik Skeel e di tutti gli altri prosegue senza sosta. Non resta che augurare loro altri 160 anni (almeno) di teatro fra un’isola e l’altra.

PATRIZIA PERTUSO

5 Marzo 2024 ( modificato il 4 Marzo 2024 | 19:48 )
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