Brescia
5:07 pm, 13 Settembre 23 calendario

Finisce al Csm il caso del pm di Brescia che assolve il marito violento per motivi culturali

Di: Redazione Metronews
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Dopo la clamorosa dissociazione del capo della procura, finisce al Csm il caso del procuratore di Brescia che ha chiesto l’archiviazione per un uomo del Blangadesh accusato di maltrattare la moglie, in quanto inconsapevole del reato per ragioni culturali.   È stata depositata oggi in Comitato di presidenza del CSM, da parte del Presidente della Prima Commissione, Enrico Aimi (Fi), una richiesta di apertura pratica nei confronti del sostituto procuratore di Brescia, Antonio Bassolino al fine di valutare la condotta del magistrato “per la gravità delle asserzioni del pm che parrebbe giustificare, se non autorizzare, la violenza domestica”. Nell’istanza depositata dal consigliere laico Aimi, si legge che tale condotta “è assolutamente inaccettabile, soprattutto in questo momento storico in cui assistiamo quotidianamente a forme di sopruso e maltrattamenti a danno di donne”.

Il capo della Procura si è dissociato

La richiesta di apertura pratica è conseguente “ai numerosi articoli di stampa, che hanno dato grande risalto alla notizia riguardante la richiesta di assoluzione di un uomo, originario del Bangladesh, denunciato dall’ex moglie per maltrattamenti, formulata dal sostituto procuratore Antonio Bassolino in servizio presso la Procura della Repubblica di Brescia. Nell’Istanza al Comitato, il Consigliere Aimi – riporta testualmente le parole contenute nella richiesta di assoluzione formulata dal dott. Bassolino (come pubblicate sulla stampa) : “i contegni di compressione delle libertà morali e materiali della parte offesa da parte dell’odierno imputato sono il frutto dell’impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge per conseguire la supremazia sulla medesima, atteso che la disparità tra l’uomo e la donna è un portato della sua cultura, che la medesima parte offesa aveva persino accettato in origine” e avrebbe agito, pertanto, “in base alla propria cultura e non per la volontà di sottomettere”. Gli alibi “culturali” non devono trovare ospitalità nel nostro ordinamento perché rappresentano – ha concluso Aimi – Una inaccettabile e ingiustificabile forma di relativismo giuridico.

13 Settembre 2023
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