Cinema Roma
5:00 am, 27 Ottobre 21 calendario

Cotroneo: «Racconto storie per far vivere la realtà»

Di: Patrizia Pertuso
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CINEMA Sei “cinescrittori” incontreranno il pubblico da giovedì a Scena (via degli Orti d’Alibert 1, Roma) per raccontare le loro storie e il loro rapporto tra cinema e letteratura. Oltre a Marco Risi, Cristina Comencini, Paolo Genovese,  Pupi Avati Giuliano Montaldo ci sarà anche Ivan Cotroneo accompagnato dall’immancabile compagna di lavoro Monica Rametta.

Signor Cotroneo, chi è un “cinescrittore”?
«Qualcuno che scrive pensando al cinema e che intende la scrittura in costante dialogo con l’universo visuale».

Lei che tipo di “cinescrittore” è?
«Ho studiato scrittura per il cinema perché ero appassionato sia come spettatore che come scrittore e ho avuto la possibilità di avere accanto grandi maestri come Suso Cecchi D’Amico. Da spettatore mi sono buttato sui romanzi, da amante della letteratura ho portato quelle storie al cinema e in televisione».

Lei ha fatto veramente di tutto: libri, sceneggiature per cinema e tv, regista e addirittura una webserie di successo come “Una mamma imperfetta”…
«Ho fatto esperienze molto diverse, è vero; ma sono tutte riconducibili al racconto: ho costruito mondi, ho lavorato su mondi costruiti da altri e ho anche tradotto mondi degli altri. Sono tutte variazioni di un unico tema: raccontare storie. Credo che farlo crei una specie di “potenza” che riesce a far cambiare il nostro modo di pensare. Su di me è successo».

Ci sono state storie che hanno lasciato un segno su lei come persona?
«Sicuramente “L’Isola di Arturo” di Elsa Morante mi ha fatto sentire meno solo quando ero ragazzo perché leggendolo mi sono reso conto che i miei dolori venivano sentiti anche da altri».

Ha sofferto di solitudine?
«Sono stato un ragazzo molto solitario e in questi anni in cui ho parlato con tanta gente attraverso le mie storie mi sono sentito meno solo».

Nelle storie che racconta ci sono sempre componenti autobiografiche?
«In “Un bacio”, scritto con Monica Rametta, racconto una storia di bullismo e di sopraffazione verso i gay come me: è un libro del 2010 ma quella storia è sempre attuale come sono attuali le vicende di “Una mamma imperfetta”».

Ha citato la web serie che ha riscosso un grande successo e che vede protagoniste le donne: che rapporto ha col femminile?
«Un rapporto che si divide in due parti, uno personale e uno professionale. Sono molto appassionato dal mondo femminile ma anche molto frustrato dall’immagine che ne viene resa: per questo ho scritto “Una mamma imperfetta”. Volevo raccontare la storia di mamme lavoratrici che ancora oggi combattono contro i residui di una società patriarcale che esiste ancora in Italia. Si tratta di un universo poco raccontato: c’è uno scollamento tra realtà rappresentata e la realtà vissuta. Nel quotidiano, le donne non vivono come vengono rappresentate nelle pubblicità che sono rimaste agli anni Sessanta. Io volevo rendere la loro realtà oggetto di un racconto con tanto di sensi di colpa quando il datore di lavoro fissa la riunione alle 18 sapendo bene che le mamme a quell’ora non potranno partecipare».

Racconta spesso lo scollamento tra la vita quotidiana e la rappresentazione…
«Se la rappresentazione non è aderente alla realtà diventa altro. La figura della donna come la composizione di una famiglia o l’orientamento sessuale di una persona devono uscire dai cliché e dagli stereotipi: devono farsi un bagno di realtà per diventare storie da raccontare. Quando ti vedi rappresentato ti senti meno solo e tutto questo ti aiuta».

Se non ci vediamo rappresentati, secondo lei, non “esistiamo” ugualmente?
«Non raccontare significa tacere. E quando si racconta bisogna farlo in modo inclusivo. In “Tutti pazzi per amore” (la serie andata in onda su Rai1 tra il 2008 e il 2010, ndr) scritta con Monica Rametta introducemmo un ragazzo sieropositivo raccontandone la sua quotidianità, compreso un rapporto sessuale protetto: un’associazione che si occupava di giovani sieropositivi ci contattò per farci sapere che avevano ricevuto moltissime mail di giovani entusiasti di essere “finiti” su Rai1 perché finalmente si sentivano rappresentati».

In “Viaggio sola”, il film scritto con Maria Sole Tognazzi e Francesca Marciano, la protagonista è una donna che non ha niente a che vedere con stereotipi o cliché.
«Racconto la storia di una donna ultra 40enne felice senza avere una famiglia o un compagno accanto. Anche questa è realtà, non solo quella che vede la realizzazione di una donna nell’incontro con un uomo e nella costruzione di una famiglia, eppure non se ne parla mai».

In “La Kriptonite nella borsa”, il suo film del 2011 però c’è una piccola “interferenza” che non ha nulla a che vedere con il reale.
«Dipende. Perché è vero che racconto la storia di un ragazzino e di un suo amico immaginario, ma lo faccio in un contesto in cui sfioro, come dire, un “realismo magico” che nasce da una lunga serie di cose dure che accadono».

Visto che mette nelle sue storie qualcosa di suo, lei aveva un amico immaginario quando era bambino?
«Effettivamente… Ne ho conosciuti due: uno era un ragazzo del quartiere dove vivevo che credeva di essere Superman. L’altro era proprio immaginario: viveva in casa con me e giocavamo insieme. L’ho anche messo in una puntata di “Tutti pazzi per amore”: io non arrivavo ad apparecchiare la tavola anche per lui come nella fiction, ma lui era sempre con me».

Come si chiamava?
«Non aveva un nome, era una presenza».

E poi che è successo?
«Prima delle fine delle elementari ho smesso di giocare con lui e non l’ho più “visto”».

Torniamo da dove siamo partiti: il 22 novembre a Scena presenterà il libro “14 giorni/una storia d’amore”. Di che storia parla stavolta?
«Di una coppia, Lorenzo e Marta, sposati da 12 anni. Lorenzo decide di lasciare la moglie perché si è innamorato di un’altra donna. Ma scatta il lock down e i due sono costretti a trascorrere 14 giorni insieme in casa. Hanno una possibilità che altre coppie non hanno: quella di lasciarsi ma restare insieme sfruttando quei 14 giorni per dirsi chi sono e chi erano; scopriranno come le relazioni intime trasformano le persone».

Il libro diventerà un film?
« Sì. Il romanzo è diviso in 14 capitoli, uno per ogni giorno di convivenza “forzata” ed è scritto tutto in forma di dialogo

Oltre lei, la rassegna ospiterà Marco Risi, Cristina Comencini, Paolo Genovese,  Pupi Avati e Giuliano Montaldo. Con chi vorrebbe lavorare?
«La mia curiosità mi porterebbe a lavorare con tutti».

Lasciando da parte il mondo del cinema e dello spettacolo in genere, qual è la sua più grande curiosità oggi?
«Capire cosa siamo diventati dopo questi ultimi due anni perché io non l’ho ancora capito, né per me né per gli altri. Ne siamo usciti sicuramente trasformati, ma non sono sicuro in cosa. Forse lo capiremo fra cinque anni, chissà…».

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PATRIZIA PERTUSO

 

27 Ottobre 2021 ( modificato il 26 Ottobre 2021 | 15:59 )
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