Green Pass falsi su Telegram, blitz Polizia: in tanti nei guai
Green Pass falsi: maxi operazione della Polizia contro il commercio online di “Fake Pass“. Gli utenti venivano attratti con messaggi del seguente tenore: “ciao, ti spiego brevemente come funziona. attraverso i dati che ci fornisci (nome e cognome, residenza, codice fiscale e data di nascita) una dottoressa nostra collaboratrice compila un certificato vaccinale e (quindi sì, risulti realmente vaccinato per lo stato) e da lì in Green Pass”. Gli investigatori del Servizio Polizia postale e delle comunicazioni di Roma, Milano e Bari, con il coordinamento delle procure di Roma e Milano e dei minorenni di Bari, hanno eseguito perquisizioni e sequestri nei confronti degli amministratori di 32 canali Telegram (due dei quali minorenni, un 16enne e un 17enne, a Milano e Foggia) responsabili della vendita di Green Pass Covid 19 falsi. Erano migliaia gli utenti iscritti ai canali Telegram che offrivano, con “garanzia assoluta di anonimato”, green pass falsi da pagare in criptovaluta o buoni acquisto di piattaforme per lo shopping online, ad un prezzo compreso tra i 150 ed i 500 euro. Frode informatica e falso in atto pubblico tra i reati ipotizzabili.
Green Pass falsi, tutti i rischi
“La certezza è quella di avere sprecato dei soldi per un green pass fasullo che, nel migliore dei casi, verrà smascherato al primo controllo. Il rischio è che al danno economico si sommi la beffa: con i propri dati personali che finiscono sul dark web, sfruttati per tutta una serie di reati anche molto gravi”. Nunzia Ciardi, direttore del Servizio Polizia postale e delle comunicazioni, dice: “Quello dei dati è l’aspetto a ben vedere più inquietante della vicenda . I gestori dei vari canali di vendita chiedevano ai loro potenziali clienti nome, cognome, residenza, codice fiscale, promettendo in cambio un green pass in tutto e per tutto ‘autentico’, millantando a volte la disponibilità di un medico pronto a certificare l’avvenuta immunizzazione. Il fatto è che spesso il green pass che arrivava era palesemente contraffatto, magari riprodotto da quello che molti ingenuamente pubblicano sui social una volta ottenuto o comunque facilmente smascherabile attraverso l’App di certificazione del ministero; oppure non arrivava affatto. In entrambi i casi i dati personali restano però nelle mani degli amministratori con tutti i rischi che questo comporta sulla rete, dove se ne fa un commercio floridissimo, direi una cannibalizzazione”. “E’ stata una indagine certosina – sottolinea il direttore del Servizio Polizia postale e delle comunicazioni – si è trattato di ricomporre le tessere di un puzzle estremamente complesso su canali di comunicazione che garantiscono criteri di anonimizzazione molto robusti: per individuare i canali di vendita, è stata necessaria una minuziosa analisi finanziaria della blockchain, la tecnologia alla base delle criptovalute”. I falsi green pass venivano pagati infatti con buoni acquisto di piattaforme per lo shopping online o, più spesso, in bitcoin: “costavano tra i i 150 e i 500 euro – conclude Nunzia Ciardi – ma c’erano anche ‘pacchetti famiglia’, con scontri per nuclei di 4 o 5 persone”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA