Etna
3:31 pm, 23 Febbraio 24 calendario
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L’Etna sta scivolando nel Mediterraneo

Di: Redazione Metronews
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Dopo 13 giorni di navigazione al largo delle coste di Catania, si è conclusa la spedizione Meteor M198 organizzata dal Centro di Ricerca Oceanografica Geomar di Kiel (Germania).

Alla crociera scientifica, il cui scopo principale è stato indagare le porzioni sommerse del fianco sud-orientale dell’Etna in costante movimento sotto le acque del Mediterraneo, ha partecipato anche l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). «L’INGV monitora da diversi anni i lenti ma progressivi movimenti dell’Etna», spiega Alessandro Bonforte, ricercatore dell’INGV che era a bordo della spedizione M198. «Questi piccoli movimenti, che non coinvolgono solo la parte emersa del vulcano, non sono di norma particolarmente pericolosi, tuttavia in alcuni casi e in particolari condizioni possono diventare più consistenti e dare origine, oltre ai ben noti terremoti che periodicamente interessano il fianco orientale, anche, ad esempio, a frane sottomarine».

Team di ricerca internazionale

La spedizione ha coinvolto un team di ricerca internazionale che tenta di comprendere se il fianco sud-orientale del vulcano stia scivolando verso lo Ionio come blocco unico o in più porzioni e quali siano le origini di questa dinamica.

«L’obiettivo più ambizioso della nostra spedizione è stato evidenziare come le osservazioni e le misurazioni subacquee siano fondamentali per comprendere meglio strutture come l’Etna e fenomeni complessi come lo scivolamento in mare del fianco di un vulcano, sia esso costiero come l’Etna o insulare. In questo contesto, affiancare i dataset provenienti dal mare a quelli elaborati a terra attraverso rilievi strutturali, GNSS e satellitari consente di avere a disposizione un vero e proprio osservatorio a 360 sul vulcano», prosegue Bonforte.

Approccio multidisciplinare

Per ottenere i dati necessari, i ricercatori a bordo della nave Meteor hanno adottato un approccio multidisciplinare. Oltre alla raccolta di campioni di roccia e di sedimenti e alla mappatura del fondale marino effettuata grazie a sonar multibeam e a sofisticati droni subacquei, tecniche geodetiche hanno consentito di sfruttare una rete di sensori acustici già installati sui fondali al largo di Catania nel 2016 per calcolare, sulla base dei tempi di propagazione delle onde sonore, i relativi movimenti di scivolamento tra i vari punti della rete.

Deformazione attiva sulla prosecuzione della nota faglia di Acitrezza

Tali misure hanno già consentito di rilevare la deformazione attiva sulla prosecuzione della nota faglia di Acitrezza, almeno fino a 1200 metri di profondità. Inoltre, la missione è stata l’occasione per sperimentare una tecnica finora mai applicata ai vulcani che ha previsto l’installazione di due piezometri per misurare le variazioni di pressione e di temperatura dell’acqua contenuta nei primi 5 metri di sedimento sul fondo del mare in prossimità della faglia. L’obiettivo, in questo caso, è provare a capire se, come già evidenziato nel caso di alcuni terremoti, un movimento del fianco del vulcano sia accompagnato o possa essere anticipato da cambiamenti nelle caratteristiche dei fluidi presenti al suo interno.

23 Febbraio 2024
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