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4:47 pm, 9 Settembre 23 calendario

Pd, resa dei conti dopo le uscite in massa in Liguria. Schlein: “L’indirizzo era sbagliato prima”. Riformisti in agitazione

Di: Redazione Metronews
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Fisiologiche resistenze al cambiamento. Elly Schlein non tradisce preoccupazione per i 31 esponenti liguri del Pd che hanno scelto di lasciare e passare ad Azione.

Ospite della Festa del Fatto Quotidiano, la segretaria sembra rispondere punto per punto alle accuse mosse dai trentuno liguri nella loro lettera di addio. Innanzitutto il passaggio su un congresso che avrebbe stravolto la volontà degli iscritti, a favore di quella del popolo dei gazebo.

Schlein molto dura con i fuoriusciti

«Noi abbiamo svolto un congresso dopo una sconfitta molto dura alle elezioni politiche», rimarca Schlein per poi accennare al congresso costituente che ha fatto seguito alle elezioni politiche perse: «Molti commentatori parlavano di fine del Pd. Così non è stato perché abbiamo fatto un confronto vero. Questo è il segno di un partito vitale, tutt’altro che morto».

E se i fuoriusciti lamentano la nascita di «un nuovo Partito con una netta svolta a sinistra, in cui viene sostanzialmente negato il processo articolato e faticoso, anche contraddittorio, del riformismo messo in campo negli ultimi dieci anni», Schlein risponde, sorridente ma netta: «Quando qualcuno decide di andare viva è sempre un dispiacere, ma se qualcuno non vuole un Pd che si batte per un lavoro di qualità, forse l’indirizzo era sbagliato prima». Quindi la chiosa: «Se il Pd avesse fatto tutto bene in questi anni, una come me non avrebbe mai vinto il congresso: il cambiamento incontra sempre resistenze».

Riformisti in subbuglio, base furiosa

La base riformista è furiosa. Esponenti della minoranza cercano di placare gli animi: dai territori, infatti, i big della minoranza Pd sono subissati di messaggi che chiedono una «presa di posizione forte», anche «fare partire appelli» contro lo stato maggiore Pd. «Noi rispondiamo all’irresponsabilità con la responsabilità», è il messaggio che arriva dalla minoranza: «Non commentiamo, c’è la festa dell’Unità, facciamo passare qualche ora, qualche giorno». Ma poi prevedibilmente sarà  resa dei conti.

Bonaccini, presidente del partito, stigmatizza la scelta di lasciare il partito, ma mette anche in guardia – e in tal modo sembra lanciare una nuova accusa – la segretaria e lo stato maggiore Pd  dalla tentazione massimalista che condannerebbe il Pd ad essere ininfluente: «Sbaglia chi lascia il partito, ma si torni subito a una vocazione maggioritaria. Un Pd piccolo e radicale non serve. Credo che Elly sia la prima a doversi e volersi fare carico di questo», conclude.

Fassino: “Meno siamo meglio stiamo è l’anticamera della irrilevanza”

L’area riformista è in subbuglio per la secca risposta di Elly Schlein. Tra i big dell’area riformista c’è la consegna del silenzio per “rispetto dei militanti” alla vigilia della chiusura della festa nazionale di Ravenna. Ma le chat ribollono. «Delle due, l’una: o Schlein non ha capito che sta succedendo nel partito, nei territori oppure ci vuole buttare fuori», dice un dirigente della minoranza.

Tra i dirigenti della minoranza si fa sentire in chiaro Piero Fassino: «Voglio sperare che le parole di Elly Schlein siano andate al di là dei suoi reali convincimenti. Non posso pensare che di fronte alla fuoriuscita di dirigenti e militanti in sofferenza, l’unica risposta della segretaria del partito sia che avevano sbagliato a scegliere il Pd. Detto peraltro a militanti e dirigenti iscritti al Pd molto prima della adesione di Elly Schlein. Ci si rallegra di chi arriva, non di chi parte». E poi: “Se militanti e dirigenti lasciano il Pd, chi lo guida non può dire che avevano sbagliato a entrarci, peraltro detto ad alcuni che questo partito lo hanno fondato. Non serve un Pd minoritario. Meno siamo meglio stiamo è l’anticamera della irrilevanza“.

“Quando se ne vanno importanti dirigenti votati e riconosciuti sul territorio e che hanno fatto la storia del nostro partito credo sia un grande problema per una forza politica che fino a prova contraria è per costituzione plurale e aperta e che ha l’ambizione di essere a vocazione maggioritaria”, afferma Alessia Morani, componente della commissione di garanzia del Pd, in una intervista a Libero. Quando Elly Schlein dice che «l’indirizzo era sbagliato prima» a proposito dei dirigenti che se ne vanno, Morani replica che «bisognerebbe chiedere alla segretaria qual è l’indirizzo a cui si riferisce, se è quello di Letta o di Zingaretti». Però, «il tema è più profondo e non riguarda battaglie condivisibili su salario minimo o ambiente ma il sentirsi a casa nel partito che si è fondato e difeso da tutte le scissioni degli ultimi anni». Se è vero che, come dice la segretaria, «il cambiamento incontra sempre delle resistenze», aggiunge Morani, «la segretaria che ha vinto le primarie deve perseguirlo. Il tema è che il Pd ha una storia e quella storia è essenza del partito. Pensare di cambiarla o peggio cancellarla è un errore perchè dietro a quella storia ci sono milioni di democratici e questo fa perdere pezzi, gli addii degli ultimi mesi ne sono testimonianza. Serve un equilibrio tra la damnatio memoriae e il conservatorismo, insomma serve la politica». Non c’è una resistenza al cambiamento, «assolutamente no», ma «non vedo il cambiamento all’orizzonte se si pensa di appoggiare un referendum su una riforma del lavoro, il Jobs Act, che tutti abbiamo votato, da Bersani e Franceschini fino a Speranza e Damiano. Mi piacerebbe discutere di salario minimo e di come fare crescere la produttività che in Italia è ferma da 25 anni. Vorrei guardare al futuro piuttosto che al passato».
Per Morani «chi esce sbaglia sempre, di questo ne sono fermamente convinta, però servivano segnali maggiori di apertura da parte del nuovo gruppo dirigente del Pd. La segretaria ha posizionato bene il partito su alcune battaglie fondamentali come quella del salario minimo e della sanità pubblica, ritengo che il dibattito sul jobs act e sulle spese per la difesa potessero invece essere evitato».
In conclusione, «se io fossi nel nuovo gruppo dirigente che guida il partito mi interrogherei nel profondo sulle motivazioni di questi addii, che non vanno sottovalutati e sui quali occorre invece aprire un serio confronto tra noi».

9 Settembre 2023 ( modificato il 10 Settembre 2023 | 14:55 )
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