EMERGENZA MIGRANTI
5:52 pm, 28 Luglio 20 calendario

Tre migranti uccisi dalla Guardia costiera libica

Di: Redazione Metronews
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TRIPOLI Tre migranti sudanesi sono stati uccisi, e altri quattro feriti, in una sparatoria avvenuta la scorsa notte a Khums, est di Tripoli, durante le operazioni di sbarco. I migranti erano stati intercettati in mare e riportati a terra dalla Guardia Costiera libica. La denuncia arriva dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Personale dell’Oim presente sul posto ha riferito che le autorità locali hanno iniziato a sparare nel momento in cui alcuni migranti, scesi da poco a terra, avevano cercato di darsi alla fuga. I migranti feriti sono stati portati in ospedali della zona, mentre la maggior parte dei sopravvissuti all’incidente è stata trasferita in centri di detenzione.
«Le sofferenze patite dai migranti in Libia sono intollerabili», ha affermato Federico Soda, capo missione Oim in Libia. «L’utilizzo di una violenza eccessiva ha causato ancora una volta delle morti senza senso, in un contesto caratterizzato da una mancanza di iniziative pratiche volte a cambiare un sistema che spesso non è in grado di assicurare alcun tipo di protezione».
L’Oim ribadisce che la Libia non è un porto sicuro e lancia nuovamente un appello all’Unione europea e alla comunità internazionale «affinché si agisca con urgenza per fermare i ritorni in Libia di persone vulnerabili. È necessario mettere in atto uno sistema alternativo che permetta che le persone soccorse o intercettate in mare siano portate in porti sicuri. È altresì necessario che ci sia una maggiore solidarietà tra gli Stati europei e gli Stati mediterranei che si trovano in prima linea».
“L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) deplora la tragica perdita di tre vite umane e chiede un’indagine urgente sulla sparatoria avvenuta al punto di sbarco di Al Khums in Libia la scorsa notte, a seguito dell’intercettazione di un’imbarcazione da parte della Guardia costiera libica”. Lo si legge in una nota dell’Unhcr. “Questo incidente sottolinea fortemente che la Libia non è un porto sicuro per lo sbarco”, ha dichiarato Vincent Cochetel, inviato speciale dell’Unhcr per la situazione nel Mediterraneo centrale. “E’ necessario aumentare la capacità di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo, comprese le navi delle Ong, al fine di aumentare la probabilità di operazioni di salvataggio che portino a sbarchi in porti sicuri fuori dalla Libia. È inoltre necessaria una maggiore solidarietà tra gli Stati costieri del Mediterraneo”, ha aggiunto Cochetel.
Una tragedia che arriva a pochi giorni dal rifinanziamento di dieci milioni della controversa guardia costiera libica, votato il 16 luglio in parlamento da tutti i partiti tranne Leu e i dissidenti del Pd e in una giornata incandescente sui diversi versanti dell’immigrazione. Quello dei numeri innanzitutto: dall’inizio dell’anno a oggi sulle coste italiane sono sbarcati 12.533 migranti, tre volte e mezzo in più rispetto ai 3.599 dello stesso periodo dell’anno scorso. Secondo il Viminale 2.622 del totale (il 20,9%) si sono concentrati negli ultimi sette giorni. La maggior parte è arrivata con mezzi propri e quindi senza il cosidetto push factor delle ong, ormai assenti in quel tratto di mare a seguito di inchieste e controlli. 800 rifugiati sono stati trasferiti negli hotspot ormai allo stremo di Lampedusa e Porto Empedocle, dove erano scappati 100 migranti. Altri 49 sbarchi  si sono verificati in Sardegna. Rintracciati 140 dei fuggiaschi dal campo di Caltanissetta, ne mancano 44 all’appello. 
   
  Nell’hotspot di Pozzallo sono stati individuati 10 positivi al coronavirus che si aggiungono a un altro scoperto il giorno 25 e ai tre migranti individuati anche in Sardegna. 
Per quanto riguarda Lampedusa dove nella notte ne erano arrivati altri 128, circa 300 sono stati portati via con un traghetto di linea: per quasi tutti destinazione Molise. Forse anche gli 11 arrivati con un barchino quasi fossero una comitiva di turisti per caso, con zainetto, t-shirt, pantaloncini, occhiali da sole, sigaretta in bocca e barboncino al guinzaglio. “In Tunisia non siamo liberi”, ha detto la donna con al seguito il cane, “torno in Italia per un nuovo inizio”.
    Lancia l’allarme la Procura di Agrigento: “Il numero abnorme di immigrati da gestire potrebbe tuttavia fare emergere situazioni di illegalità e atti di violenza che impongono a quest’Ufficio una vigilanza e un controllo non comuni, attività cui questa procura non si sottrarrà operando con la consueta serena severità che la contraddistingue”. Poi il nodo della rotta tunisina e del sistema delle ‘navi madri’: “Il fenomeno della immigrazione clandestina di queste ultime settimane “ha riguardato quasi esclusivamente cittadini tunisini che con grossi barconi da pesca hanno di fatto accompagnato, in modo affidabile e sicuro, loro connazionali a Lampedusa o addirittura fino sulle coste agrigentine”. La rotta tunisina ha delle peculiarità che la differenziano da quella libica, “allo stato infrenata dalla guardia costiera libica, in quanto è utilizzata da cittadini tunisini che non fuggono da situazioni di persecuzione politica o razziale, ma che cercano in Italia solamente migliori condizioni di vita e di lavoro. E’ un tipo di immigrazione che probabilmente potrebbe essere arginata o regolamentata con successo da accordi politici internazionali bilaterali ovvero multilaterali con Tunisi. Si ritiene, infatti, sulla scorta delle conoscenze processuali acquisite, che non è complesso identificare gli organizzatori di tali traffici e le loro basi logistiche e predisporre conseguentemente efficaci servizi di prevenzione e controllo”.

28 Luglio 2020
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