Caso Leo: polemiche dopo l’ispezione del ministro
GIUSTIZIA «Speriamo che non sia solo un annuncio sull’onda emozionale del momento». Così Antonio Leone, presidente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, commenta l’indagine voluta dal Ministero sul caso di Stefano Leo per capire se il mancato arresto di Mechaquat si stato causato da negligenza o da un problema sistematico. Il nodo da sciogliere è sul perché non sia mai stata eseguita la sentenza definitiva di condanna a carico di Said Mechaquat, il 27enne reo confesso dell’omicidio di Stefano sul Lungo Po Machiavelli di sabato 23 febbraio. Leone rivolge l’appello direttamente al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede che nell’annunciare l’attivazione dell’Ispettorato ha invitato lo Stato a chiedere scusa alla famiglia. «E le scuse – aveva detto il Guardasigilli – si concretizzano lavorando affinché non ci siano più casi del genere. Non parlo solo di amministrazione della giustizia, anche della sicurezza che va garantita nelle strade». Ma non dissipa i timori che casi simili possano riaccadere. «Già nel 2017 – denuncia Leone – l’allora presidente della Corte d’Appello di Torino aveva chiesto scusa per il fatto che uno stupratore di minorenni, condannato in primo grado a 12 anni, fosse stato assolto per intervenuta prescrizione: l’appello era stato fissato ben 9 anni dopo . Il rischio concreto – conclude Leone – è che in un eventuale “scaricabarile” di responsabilità fra magistrati e personale di cancelleria tutto finisca nel dimenticatoio. Fino al prossimo episodio di indignazione popolare». Cristina Palazzo
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