BoomdaBash
10:30 pm, 24 Giugno 18 calendario

I Boomdabash a Metro “La solitudine del mondo social”

Di: Redazione Metronews
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ROMA «Ogni musicista dovrebbe capire che ha una grande responsabilità: noi abbiamo già cresciuto una generazione e ne abbiamo una seconda da seguire». Parole di Biggie Bash (al secolo Angelo Rogoli) e Payà (alias, Paolo Pagano), voci dei Boomdabash, i mitici ragazzi salentini che – con deejay Blazon e il beatmaker abruzzese Mr. Ketra – in questi 15 anni di carriera e 5 dischi all’attivo ne hanno di cose da raccontare a Metro.
Le vostre non sono solo canzonette, anzi, spesso sono pugni nello stomaco, che raccontano in musica di bullismo e diversità.
«Per noi la musica è un veicolo per fare informazione là dove non arriva la notizia o non arriva come dovrebbe. In Barracuda abbiamo sentito l’esigenza di affrontare il fenomeno del bullismo perché ultimamente sta crescendo a dismisura e tocca alunni e prof, come ci dicono i recenti episodi di cronaca». 
Quale consiglio vi sentite di dare ai genitori?
«È importante che preparino i figli ad affrontare la vita in modo che “in questo mondo di squali” , parafrasando il nostro Barracuda, non abbiano paura. Vanno preparati alle cattiverie del mondo e non cresciuti in una campana di vetro, col tutore sempre pronto a intervenire, così da farli crescere forti e sicuri di se stessi, pronti a chiedere aiuto in famiglia quando ce n’è bisogno, senza paura».
E come si fa ad arrivare ai più giovani in una società che va sempre tanto veloce e tende a isolare l’individuo?
«Certo è difficile solo con le parole, ma con la musica si può fare. Un esempio? L’Adma, associazione donatori di midollo osseo,  ci ha chiesto una mano, visto che siamo donatori, per spiegare ai ragazzi l’importanza di donare e come testimonial abbiamo avuto buoni risultati».
Qual è per Payà il segreto?
«La semplicità: è la nostra arma in più. Le parole sono molto importanti in un mondo in cui la solitudine sta prendendo piede, con i giochi elettronici e il web che hanno sostituito le piazze e i luoghi d’incontro di un tempo».
I social: quanto pesano oggi scondo Biggie Bash?
«Troppo e a sproposito. Fb è ormai un contenitore spazzatura e molti artisti si non pubblicano più nulla. Personalmente ne abbiamo avuto prova da certi commenti sul video del singolo Non ti dico no, girato con Loredana Bertè: una hit lover che esalta l’amore in tutte le sue forme. Sono piovuti insulti nei confronti delle protagoniste del video: solo perché rappresentano due ragazze che vivono liberamente il loro amore!».
Episodi che hanno lasciato il segno in tal senso vi sono capitati?
«Sì, a Milano una disabile aveva ottenuto d’incontrare il suo cantante preferito e contro di lei si sono scatenati certi fans che l’accusavano di sfruttare la disabilità. Lei ha postato video dove piangeva disperata e chiedeva il perché di tanta crudeltà nei suoi confronti».
Forse il “successo” altrui è considerato causa del proprio fallimento?
«Credo sia proprio così che alcuni la pensano. Invece no, per esperienza possiamo dire che solo il duro lavoro paga: non ci son scorciatoie se vuoi arrivare a far qualcosa di buono».
All’estero come arriva la vostra musica?
«Prima del tour negli Usa avevamo paura di non esser compresi, ma il pubblico seguiva la melodia e la lingua non è stata un limite. Un giamaicano ci ha detto: “Ma questo è reggae, diverso dal nostro ma bello!”. Sì, lì sono più ricettivi di noi e aperti al cambiamento». 
Biggie, una curiosità, ma che ha detto sua madre al primo tatuaggio che si è fatto?
«Avevo 16 anni e ha firmato lei per il consenso: non immaginava che dopo il primo (la ragnatela sul gomito, di moda tra gli operai delle fabbriche) ne sarebbero seguiti una lunga serie».
Sogni nel cassetto?
«Vorremmo andare in Giamaica a studiare un po’!»
ORIETTA CICCHINELLI
 

24 Giugno 2018
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