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5:21 pm, 25 Novembre 15 calendario

Clima, l’Italia a Parigi con la coscienza sporca

Di: Redazione Metronews
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ROMA C’è un filo rosso che collega un sacchetto di pellet venduto in Italia ai cambiamenti climatici del Pianeta. Ed è un filo fatto di scelte di politica economica ed energetica. Un filo che, a seguirlo, porta però nella direzione sbagliata. Da lunedì i governi di tutto il mondo saranno a Parigi, alla conferenza mondiale sul clima. «Un accordo positivo sarà una risposta al terrorismo», ha azzardato Angela Merkel. Il nostro ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti è riuscito ad andare oltre:  «Dopo Parigi cambia l’economia, e credo che su questo dovremmo disegnare la prospettiva della nuova programmazione economica del Paese, un progetto industriale per il Paese”. Passo dovuto, visto che gli indicatori economici e soprattutto di politica energetica in questo momento in Italia vanno in senso opposto.
Scelte in Stabilità
Nella Finanziaria in discussione in queste ore è stata aumentata l’Iva del pellet al 22%, mentre era stata promessa una riduzione al 10%.  Soprattutto i comuni del Nord sono sul piede di guerra perché lì il riscaldamento domestico è basato proprio su questa fonte sostenibile. Nessuna, traccia, invece, dell’invocata carbon tax, che applica un prezzo per le emissioni, mediante un’imposta oppure con un sistema di permessi di emissione negoziabili per chi inquina. In Danimarca la tassa è servita a ridurre del 15% le emissioni pro capite. La Svezia ha la carbon tax più alta, da 130 dollari per tonnellata diCO2, la Gran Bretagna 35, La Francia intorno ai 32. L’Italia? Non pervenuta.
Fossili agevolate e crollo delle rinnovabili
Non va nel senso di un’impostazione sostenibile della politica energetica quanto previsto dalla legge Sblocca Italia, approvata esattamente un anno fa, che, semplificando le procedure per le concessioni petrolifere, stende il tappeto rosso alle multinazionali del petrolio. Tanto che sono state le stesse Regioni a ribellarsi e a promuovere un referendum. E le rinnovabili? «Non sono diminuite, ma crollate – ci dice il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini, che ieri ne ha parlato al forum di Qualenergia – Dal 2011 al 2014 gli impianti di solare fotovoltaico e eolico installati sono passati da 10.663 a 733 Mw. Il rischio è uno stop allo sviluppo di un settore innovativo, che ha garantito in questi anni la riduzione delle importazioni di fonti fossili, del prezzo dell’energia elettrica e delle emissioni di gas serra». Il tema dei temi a Parigi. Ma l’Italia arriverà con un segno meno.
Incentivi cancellati
Negli ultimi anni alcune norme hanno ridotto le possibilità di investimento nelle rinnovabili. Per il solare fotovoltaico sono stati cancellati nel 2013 gli incentivi in conto energia, togliendoli perfino per r la sostituzione dei tetti in amianto. Col decreto “Spalma incentivi”, si è intervenuto in maniera retroattiva sugli incentivi, con nuove tasse per l’autoproduzione da fonti rinnovabili. Conseguenza dello stop? Le installazioni sono crollate del 92% e sono stati bloccati provvedimenti a costo zero che permetterebbero di aiutare le rinnovabili con  la semplificazione  delle procedure  (come fatto ad esempio per le trivelle) e il via libera all’autoproduzione e allo scambio della produzione da rinnovabili con la rete.
STEFANIA DIVERTITO

25 Novembre 2015
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