Teatro Roma
4:39 pm, 11 Dicembre 23 calendario

Tornano le Voci nel Deserto con la “raccolta differenziata della memoria”

Di: Patrizia Pertuso
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Giovedì 14 dicembre dalle 21.30, al Brancaleone di Roma, in via Levanna 11, tornano le Voci nel Deserto, un’ora e mezza di “raccolta differenziata di frammenti della memoria” attraverso azioni di teatro civile, definizione offerta dallo stesso collettivo. Guai a parlar loro di compagnia teatrale, di messinscena tradizionale o di luoghi convenzionali. Le Voci nel Deserto sono tutt’altro. Lo spiega a Metro Marco Melloni.

Cominciamo dall’inizio: cosa sono le Voci nel Deserto?
«E’ un progetto di teatro civile che nasce nel 2009 e raccoglie 16 attori; oggi siamo una settantina di persone tra professionisti della comunicazione e dello spettacolo con un’idea comune molto semplice: recuperare frammenti di memoria che sono ancora utilizzabili, una sorta di raccolta differenziata della memoria, cose scritte nel passato che hanno ancora una straordinaria risonanza nel presente. Non viene detto chi le ha scritte se non alla fine, ma si ha la sensazione, ascoltandole, di trattare un fatto reale e contemporaneo. Negli anni questo archivio è diventato molto grande: ora ci sono circa 6/700 frammenti diversi che, quando l’attualità lo richiede, vengono messi in scena con uno spettacolo tematico che può parlare, per esempio, di informazione, guerra, democrazia, costituzione o diritti della donna. Lo spettacolo si compone di questi frammenti cuciti tra loro attraverso la musica di un dj che è sul palco e i video presentati sul grande schermo. Per questo motivo lo chiamiamo “rave teatrale”: è uno spettacolo che non prevede la quarta parete e quindi coinvolge direttamente il pubblico come se salisse sul palco dopo aver raccolto da terra un foglio su cui è scritto qualcosa di estremamente attuale e lo riportasse a tutta la sala».

Qual è il tema dello spettacolo del 14 dicembre?
«Abbiamo deciso di tornare in scena dopo un’assenza molto lunga dal Brancaleone di Roma – l’ultimo spettacolo di Voci risale al 2018 e trattava di immigrazione – per due motivi: il primo è legato all’attualità della guerra in Ucraina e nella Striscia di Gaza; il secondo è per ricordare la nostra attrice Ketty Roselli scomparsa prematuramente il 29 settembre. Voci nel Deserto ha già subìto un altro grande lutto, quello di Celeste Brancato: è stata la prima Voce che ha squarciato il silenzio nel 2009; quello spettacolo si apriva con un urlo di Celeste. A lei abbiamo dedicato tutte le messinscene».

Chi parteciperà a Voci nel Deserto al Brancaleone?
«Voci nel Deserto è un progetto di teatro civile che si riconosce sotto il nome di un collettivo, quindi non diamo mai nomi singoli pur avendo avuto importanti partecipazioni. Ci saranno 28 attori sul palco, il nostro dj che viene ogni volta da Bari e due cantautori con brani riarrangiati per l’occasione».

Nessun nome?
«Fare dei nomi significa togliere importanza agli altri o al progetto: tutti coloro che partecipano si riconoscono come Voci nel Deserto. Non chiamiamo le persone per avere un nome di richiamo. Poi magari il pubblico lo troverà ma è una cosa che non abbiamo mai fatto. Io stesso rientro tra le Voci nel Deserto».

Immagino che si tratti di una regia collettiva.
«Certo. Ciascuno è chiamato ad assumersi la responsabilità civile di quello che dice, ma anche la responsabilità tecnica di andare in scena. Non ci sono costumi, non c’è nessuna protezione: si tratta di uno spettacolo modulare composto il pomeriggio stesso prima dell’evento. Ognuno arriva con il suo lavoro già fatto e propone una chiave di restituzione di un testo come se dicesse: “ho trovato questo scritto che mi ha colpito e lo riporto al pubblico”».

Ci sarà sicuramente una scaletta…
«C’è una partitura, ma di fatto la regia è collettiva perché ogni attore se la gestisce in modo personale. La scaletta è legata ai testi che si chiamano e si rispondono tra loro come se fosse un discorso unitario, a volte anche contraddittorio, ma sempre collegato al tema scelto».

Che testi userete stavolta?
«Useremo frammenti di circa 26 autori che vanno da un brano decisamente sorprendente di Gandhi che parla di Israele, a Campanile, Flaiano, Don Milani, Václav Havel, frammenti di “Quinto Potere”, un pezzo di Konrad Lorenz perché sì, anche lui, pur parlando di animali, parla di oggi».

Una definizione del teatro di Voci nel Deserto.
«Lo chiamiamo “volontariato teatrale”. È una forma di Teatro civile che vuole dare il suo contributo per cercare di far restare accesa una forma di pensiero, di riflessione, di dibattito. Lo fa in maniera volontaria perché è un progetto senza una compagnia dietro e, soprattutto, nessuno viene remunerato. Le Voci nel Deserto esistono solo quando ci riuniamo e sentiamo la necessità di dire la nostra».

PATRIZIA PERTUSO

 

 

 

 

11 Dicembre 2023
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