Narni Città Teatro
10:34 pm, 16 Giugno 23 calendario
3 minuti di lettura lettura

Montanari apre il IV Festival Narni città Teatro

Di: Orietta Cicchinelli
Narni
condividi

Francesco Montanari apre la IV edizione del Narni città Teatro. E lo fa con una lettura scenica tutta da riflettere al rallentatore, in cui ci si immerge armati di cuffie, lontana anni luce dalla velocità delirante di oggi, tra Tik Tok e Instagram al fotofinish. Un tuffo nella soffitta dei ricordi, in un tempo in cui si dava “tempo al tempo” e si correva sì, ma in sella a un bolide chiamato bici.

Poi il viaggio continua in compagnia nel suggestivo Teatro Viaggiante a cielo aperto, tra le bellezze del centro storico di Narni, in compagnia di Nicola Lagioia che con il suo monologo, “Presto saprò chi sono”, conduce lo spettatore, con leggerezza poetica, tra i meandri della letteratura. Un volo che parte da Manzoni e arriva a Borges, passando per Hemingway, Pessoa, Pascoli e gli altri, poeti e scrittori senza tempo, proprio come la letteratura che non pretende di insegnare nulla all’uomo errante, ma sicuramente rende la vita migliore e degna di essere vissuta.

A chiudere la serata, nel magnifico Chiostro di Sant’Agostino, il provocatorio “Concerto” creato da Moreno Solinas (un corpo seminudo che danza e canta le sue “follie” amorose, imitando un po’ le vestali, un po’ le greche) co-diretto d Igor Urzelai.

La prima giornata a Narni Città Teatro

È Francesco Montanari con la suggestiva radiocronaca notturna “L’Angelo e l’Automa”, a cura di Claudio Palma e Vesuvioteatro, per la regia di Davide Sacco, ad aprire la kermesse.

L’attore si rivolge agli “Amici della notte” per riflettere insieme sulla scia di un ricordo che prende forma. Così la bici diventa pretesto per un excursus filosofico attraverso la vita, in lungo e in largo. «Ricordate la bicicletta – attacca Francesco – quella del famoso film “Ladri di biciclette”?». E si rivolge agli orfani che non hanno conosciuto la bici che apparteneva all’Italia degli Anni ’50-60 come fosse la Gioconda o la Divina commedia o San Pietro.

Se è un inglese a inventare la bici

«Mi sorprendo – continua Montanari dalla sua cattedra, illuminato da una grande lampada – che la bici non sia stata inventata da Botticelli o Michelangelo. Se negli Anni 50 aveste detto che la bici non era invenzione italiana un lungo brivido avrebbe attraversato l’Italia. A inventarla fu un inglese John Kemp Starley. Fu lui a introdurre ruota libera e la catena e trasmissione a pedali… cosa che fa incazzare: bici figlia di un inglese!? Umiliante che un gioiello di intelligenza fosse stato partorito da un inglese. Almeno fosse stata invenzione di un francese che è un italiano di mal umore (per dirla con Cocteau). Profilo slanciato, elegante, semplice e capricciosa. La bici se fosse un geroglifico? Sarebbe forse un movimento, il tempo che passa…o amore! Paolo Conte ha dedicato parole d’amore alla bici, il più machiavellico degli strumenti, in piedi come un acrobata che in silenzio trafigge spazio, scivola silenziosa sulla strada come sul filo di un rasoio…».

Un fiume di ricordi attraversa Narni

Poi il codirettore del festival di Narni passa ai ricordi “personali” di bambino curioso e vivace.

«Da piccolo ascoltavo le storie di mio nonno Curzio su Girardengo, sulla stagione delle corse. Li chiamava i centauri quei corridori sulle bici che ornavano il paesaggio della sua infanzia… Ogni Bartali – riflette – sa già che avrà il suo Coppi (“tra i francesi che s’incazzano e i giornali che svolazzano”, per citare sempre Conte)… Nonno raccontava di Bartali che s’incazzava quando gli chiedevano se era vero che fosse un predestinato dalla Madonna, e che il Santo Padre gli aveva predetto la grande serie di successi a patto che si confessasse tutte le settimane. Un po’ come un toreador che ad ogni corrida prima prega e poi scende nell’arena. Il povero Fausto Coppi, dal canto suo, non aveva santi in paradiso, era solo! Era un uomo nel senso moderno e scientifico, un meccanico che credeva solo al suo motore: il corpo che gli era stato affidato. Motore preciso e delicato: testa bassa e occhi fissi su invisibili manometri… Due rivali, due ciclisti, due correnti del pensiero. Uno credeva al dogma un altro lo rifiutava e credeva solo al progresso! Il robot era un cartesiano, un “nicciano” e ogni corsa, una disputa tra credenti e liberi pensatori».

Da Coppi a Pantani

E da Coppi (e le sue bombe che prendeva sempre per sfidare gli dei e vincere a tutti i costi) Montanari vola a Pantani: bionico della bici, le cui vittorie era difficile distinguere dalle sconfitte. «Perché il senso della vittoria è nel regalo di una bici da parte di nonno Curzio. Perché diventassi un uomo determinato a vincere come Coppi e Bartali, appunto».

“L’Angelo e l’Automa” va a parare proprio lì nel tema centrale di questa IV edizione del Narni città Teatro ovvero le nostre “Possibilità nascoste”.

«Ognuno ha la sua bici arrugginita in cantina, magari non è proprio una bici, ma – conclude l’attore – è come una sorta di lampada di Aladino da strofinare. Insomma, vi invito a rispolverare quel segreto in cantina e portarlo fuori e usarlo tutto insieme per perdere tempo tutti insieme. Perderemo tempo senza guardare il tempo che scorre. Magari ci ritroveremo ai confini con noi stessi alla nostra infanzia! A pedalare di notte, dunque, non per vincere. La bici è quella possibilità nascosta dentro noi!».

 

16 Giugno 2023 ( modificato il 17 Giugno 2023 | 8:35 )
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il giornale
Più letto del mondo