Il voto slitta a giovedì dopo ritardi, proteste e occupazioni

Era atteso per domani sera, mercoledì,  alle 20 il voto finale del Senato sul testo blindato della legge di Bilancio. Lo aveva annunciato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, nel primo pomeriggio al termine della Conferenza dei capigruppo, aggiungendo il Governo sulla manovra avrebbe posto la questione di fiducia.  Un ottimismo mal riposto con le opposizioni compatte a denunciare un’indebita forzatura dei tempi:  «Inaudita forzatura della maggioranza al Senato sulla legge di bilancio. La relazione tecnica ancora non c’è. Ma vogliono anticipare il termine degli emendamenti di 13 ore! E tutto per approvare la legge in tempo per la conferenza stampa della Meloni il 29. Una vergogna» ha twittato il senatore Antonio Misiani, responsabile economico del Pd.

Manovra, manca la relazione tecnica, opposizioni protestano

Proprio per l‘assenza della relazione tecnica di passaggio del provvedimento da Montecitorio a Palazzo Madama, che ha fatto slittare ulteriormente la seduta della  commissione Bilancio al Senato, si è scatenata la protesta delle minoranze,  che in serata hanno  lanciato un«appello accorato» al presidente del Senato, Ignazio La Russa,per convocare una nuova conferenza dei capigruppo in serata per calibrare la tempistica della discussione sulla Manovra, alla luce del ritardo con cui è arrivata a palazzo Madama la relazione tecnica del Mef. A spiegarlo sono le presidenti dei gruppi di Pd e Azione- Italia viva, Simona Malpezzi e Raffaella Paita. «Non è una maniera per fare ostruzionismo o arrivare all’esercizio provvisorio», spiega la capogruppo Dem, ma è una richiesta volta a «dare dignità alla discussione» visto che si «potrebbe votare tranquillamente giovedì» 29 dicembre. Alla fine della conferenza dei capigruppo  il voto finale del Senato sulla legge di Bilancio  slitta appunto a giovedì mattina. Non ci dovrebbero essere novità, anche perché qualunque modifica prevede il ritorno alla Camera  e i tempi non ci sono. Altrimenti si rischia l’sercizio provvisorio che nessuno, nemmeno le opposizioni, si auspicano.