Milano
2:47 pm, 28 Novembre 22 calendario

Marco Cappato indagato per aiuto al suicidio

Di: Redazione Metronews
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E’ indagato per aiuto al suicidio, sulla base della sua autodenuncia di sabato, Marco Cappato, il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni che nei giorni scorsi ha accompagnato a morire in Svizzera con suicidio assistito l’82enne Romano (nella foto), malato di una forma grave di Parkinson.Un’altra inchiesta, dunque, è aperta a Milano, sempre coordinata dall’aggiunto Tiziana Siciliano e dal pm Luca Gaglio, a carico di Cappato, già indagato per lo stesso reato in relazione alla morte di una malata terminale di cancro avvenuta la scorsa estate sempre nella clinica Dignitas di Zurigo.

Caso diverso da suicidio Dj Fabo

Si era trattato di una «nuova disobbedienza civile», aveva chiarito Cappato, «dal momento che la persona accompagnata non è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, quindi, come la 69enne veneta Elena Altamira», malata terminale di cancro morta in Svizzera la scorsa estate, «non rientra nei casi previsti dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato-Dj Fabo per l’accesso al suicidio assistito in Italia».

Le lettere del signor Romano

In alcune lettere il malato da Parkinsonismo atipico morto in Svizzera aveva raccontato le sue condizioni. «Ho sempre fatto le mie scelte e ho sempre pensato che la nostra vita ci appartenga, prima ancora che questa frase diventasse centrale nella campagna dell’Associazione Luca Coscioni. Così ho iniziato ad informarmi sulle possibilità di organizzare il mio fine vita nel modo più dignitoso possibile, ma presto mi è stato chiaro che la situazione italiana è più complicata di come potessi pensare. L’opzione di recarmi in Svizzera in clandestinità mi spaventa perché non voglio assolutamente mettere i miei familiari nella condizione di rischiare di affrontare vicissitudini giudiziarie. Trovo però che sottrarre la libertà di scelta in questi casi sia anacronistico e crudele, e non mi arrendo all’idea di non essere libero».
«Ho sempre detto che alla fine, se ce ne fosse stato bisogno, avrei deciso io cosa fare. Attualmente vivo in casa circondato dall’affetto dei miei cari. Ma non posso più svolgere da solo le azioni più semplici e questo è molto doloroso», aveva scritto in un passaggio delle sue lettere.  «La maggior parte del mio tempo trascorre in camera, a letto; la televisione sopperisce ai miei amati libri, ma non posso più leggere o scrivere, che erano le attività principali della mia vita. Ho seri dolori muscolari che a volte mi tolgono il fiato e a volte sono più leggeri ma costanti. Il mio corpo è quasi completamente irrigidito – ha raccontato il signor Romano – Non ho nessuna autonomia, non posso alzarmi se non con molto aiuto, non posso mangiare da solo o bere da solo, ho bisogno di assistenza per l’igiene personale. Ho una grave disfagia che non mi fa più mangiare cibi solidi. Sono completamente dipendente dall’aiuto di familiari e personale specializzato. Comunico a fatica anche i bisogni più essenziali. Vivo questa situazione con grande malessere. Inoltre, sono consapevole che la mia malattia, il Parkinson, può portare ad avere bisogno di ulteriori ausili; potrei essere attaccato ad una macchina per poter mangiare, o forse anche per respirare, e potrei non comunicare più con le parole. Sono anche consapevole che la capacità di discernimento è fondamentale ai fini dell’accesso al fine vita secondo le normative, e anche questa capacità, purtroppo potrebbe un giorno venir meno, togliendomi la possibilità di scegliere se essere oggetto di cure o no».

Il signor Romano era un uomo di 82 anni, di origini toscane e residente a Peschiera Borromeo, affetto da Parkinsonismo atipico dal 2020, non tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. Ex giornalista e pubblicitario, è stato costretto a letto dalla malattia, tra forti dolori muscolari, in una condizione irreversibile che gli impediva di leggere, scrivere e fare qualsiasi cosa in autonomia.

28 Novembre 2022
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