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10:45 am, 11 Marzo 21 calendario

Raffica di perquisizioni per insulti social a Mattarella

Di: Redazione Metronews
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Sono in corso  in varie città italiane perquisizioni dei poliziotti della Digos nell’ambito dell’inchiesta della procura di Roma sugli insulti via social al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. L’indagine, coordinata dal procuratore della Capitale Michele Prestipino, ipotizza il reato di offesa all’onore e al prestigio del Capo dello Stato.
 Da una indagine informatica svolta dalla Polizia postale su insulti e frasi offensive rivolte via social, nella primavera scorsa, al presidente, gli investigatori sono arrivati, in questi giorni ad “uscire dalla rete” e ad effettuare perquisizioni nelle abitazioni di alcune persone residenti in varie città d’Italia.
Le perquisizioni sono state svolte sin dalle prime ore di questa mattina con l’impiego della polizia postale e degli agenti della Digos delle Questure competenti nelle diverse città.  Si tratta di perquisizioni personali, locali e informatiche – delegate dalla procura di Roma – a carico di 10 soggetti residenti in varie località del territorio nazionale per aver avuto “un ruolo significativo nella campagna d’odio, veicolata sul web anche attraverso gravi minacce, nei confronti di numerose figure istituzionali e in particolar modo del Presidente della Repubblica, soprattutto a seguito delle misure adottate per il contenimento della pandemia”. “L’attività di approfondimento investigativo, coordinata dalla procura di Roma e condotta dalla Direzione centrale della polizia di prevenzione, dal Servizio della polizia postale e delle comunicazioni e dalla Digos di Roma – si legge in una nota – ha consentito di acquisire rilevanti indizi nei confronti degli indagati”.
“Armiamoci e andiamo ad ammazzare quel figlio di …”, “ti auguro di morire male”, “non vedo l’ora che ci sia il tuo funerale”, oppure “pezzo di … ti voglio vedere morto”. È su frasi di questo tenore rivolte via web al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durante la primavera scorsa quando le restrizioni Covid si facevano sempre più stingenti, che gli investigatori della polizia postale hanno indagato per risalirne agli autori. Frasi gravissime e tali che per innescare le indagini non è stato necessario una denuncia da parte degli interessati, ma che ha visto gli inquirenti muoversi in autonomia ipotizzando il reato di offesa all’onore e al prestigio del Capo dello Stato. Centinaia i messaggi “postati”, passati al setaccio e rivolti, non solo alla massima carica dello Stato, ma anche ai vertici di altre istituzioni. 

11 Marzo 2021
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