L'intervista
10:30 pm, 14 Luglio 16 calendario

Jury Chechi La generosità oltre il mito

Di: Redazione Metronews
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ROMA Jury Chechi, totem della ginnastica italiana, è in partenza per i Giochi di Rio. L’ex Signore degli Anelli è sostenitore della campagna “Diamo il Meglio di noi” per le donazioni.
 
So che sta per partire per Rio. Non sarà mica che ci fa uno scherzo e sale sugli anelli anche stavolta?
Magari! (ride, ndr) Ma ormai dopo Atene (dove ha vinto un bronzo, ndr) la mia carriera si è chiusa nel modo migliore. A Rio avrò un ruolo da ambassador dello sport italiano.
Vede “eredi” all’orizzonte?
La ginnastica maschile vive una stagione difficile: basti dire che non ci siamo qualificati per le Olimpiadi. Non c’è stato ricambio generazionale: chi ha gestito la Federazione in questi anni dovrebbe farsi un esame di coscienza. La situazione è migliore nella ginnastica femminile e buona nella ritmica.  
Dalla Sharapova ai laboratori russi fino al giallo Schwazer: cosa pensa di questa recrudescenza del doping?
È un argomento verso il quale sono molto duro: lo sport ha delle regole che vanno rispettate. Punto e basta. Meglio una sconfitta onesta che una vittoria sporca. Penso sempre che bisogna essere severi.
Quant’è difficile dire basta?
Molto, quando hai avuto grandi soddisfazioni. Niente è come vincere alle Olimpiadi: ma poi capisci che c’è altro nella vita e può essere interessante anche cambiare.
Oggi lei fa l’imprenditore
Sì, svolgo molte attività ma posso definirmi tale.
Nella sua carriera ci sono stati due brutti infortuni che le hanno fatto saltare due Olimpiadi in cui era il favorito: Barcellona e Sydney.  Ma ogni volta, nei Giochi successivi, è tornato sugli anelli più forte di prima ed ha vinto medaglie epiche. Lei ha braccia d’acciaio ma certo che pure la volontà…
Quando hai infortuni gravi non è mai facile. Ma devi accettare la realtà. Sono cose che capitano: devi avere la forza di essere tu il protagonista ed affrontare la situazione senza subirla. Lavorare. E poi, alla fine, il risultato viene.
Lei sostiene il centro nazionale trapianti e la campagna “Diamo il meglio di noi”?
Sono molto coinvolto su questo tema. In generale, quando nel mio piccolo posso fare qualcosa per chi ha una situazione di disagio, mi sento meglio. Ho conoscenti trapiantati, che hanno sofferto, conosco il problema.
In Italia si fanno sempre più trapianti: 3300 nel 2015. Cosa si fare per far crescere la cultura del trapianto?
Ha usato la parola giusta: cultura. Stiamo migliorando ma è proprio quello che ci manca: la cultura del trapianto. Si pensa sempre «non toccherà mai a me», ma non è l’approccio giusto. Bisogna  parlarne anche nelle scuole per sensibilizzare i giovani.
È giusto offrire ai cittadini l’opportunità di dichiararsi donatori al rilascio o al rinnovo della carta di identità?
Se funziona, per carità, bisogna farlo di sicuro. Ma io lavorerei molto su un discorso di informazione, svolto a tutti i livelli ed a tutte le età. La consapevolezza è molto importante in questi casi.
La nostra rete trapianti è operativa sette giorni su sette, 24 ore al giorno. Medaglia d’oro anche ai nostri operatori?
Ah, caspita, si! (ride, ndr). Vede, ogni tanto mi capita di parlare della mia storia sportiva, di raccontare dl mio percorso: poi però mi trovo di fronte a realtà poco conosciute, lontane dai riflettori ma che sono quasi eroiche, come queste. Altro che medaglia d’oro.
ANDREA BERNABEO

14 Luglio 2016
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