Stefano Saletti/Banda Ikona
12:32 pm, 13 Aprile 16 calendario

Saletti: In Soundcity racconto il mio Mediterraneo

Di: Redazione Metronews
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ROMA “In questi anni ho suonato da Lisbona a Sarajevo, da Tangeri a Istanbul, da Lampedusa a Ventotene e in ogni luogo venivo catturato da suoni, melodie, rumori, cantanti di strada. Ho cominciato a registrarli, perché davano l’idea di un legame profondo tra le varie strade che attraversano il Mediterraneo. Partendo da questo materiale ho cominciato a scrivere i miei brani, con i testi in Sabir, la lingua del mare che unisce spagnolo, francese, italiano e arabo. Così è nato Soundcity che ha come sottotitolo proprio Suoni dalle città di frontiera per spiegare il percorso creativo”. Così Stefano Saletti introduceil nuovo disco che il musicista e compositore, uno dei più brillanti protagonisti della scena della world music, presenterà sabato h21 al Parco della Musica con la sua Banda Ikona.
In un periodo di grande frammentazione qual è il filo rosso che unisce le città di frontiera a cui fa riferimento?
Nel disco c’è una citazione di Jean-Claude Izzo che ne riassume il senso: “Il Mediterraneo…sono delle strade. Strade per mare e per terra. Collegate. Strade e città. Grandi, piccole. Si tengono tutte per mano. Il Cairo e Marsiglia, Genova e Beirut, Istanbul e Tangeri, Tunisi e Napoli, Barcellona e Alessandria, Palermo e…”.  Il filo è il gusto trionfante della vita unito al senso dell’opprimente e della noia; le piazze deserte a mezzogiorno, la siesta e la controra, unite alla frenesia dei mercati e dei porti. Il Mediterraneo è un affascinante spazio di contraddizioni.
Quali sono stati i luoghi che più l’hanno ispirata?
Tutti quelli che ho visitato. Però se dovessi sceglierne due direi Sarajevo e Istanbul. Qui stavo registrando il canto di un’anziana donna per strada – era il 29 aprile 2013 – e sono stato interrotto dalla voce di un passante americano che diceva: “Ci sarà del caos il 1° di maggio”, cosa che poi è avvenuta, con centinaia di feriti negli scontri di Gezi Park e la morte del quattordicenne Berkin Elvan. Così ho deciso di dedicare il brano a Elvan e al suo dramma.
Com’entrano nel disco due temi centrali del Mediterraneo oggi, come le migrazioni e la guerra?
Perché il Mediterraneo è il centro di un cambiamento epocale. E l’Europa invece di dare una risposta culturale all’altezza sa solo creare nuove frontiere, evocare paure e imporre un modello economico fallimentare, basta vedere come è stata trattata la Grecia. Per questo il disco si apre e si chiude con Lampedusa andata e Lampedusa ritorno: da una parte la speranza di una vita migliore, dall’altra la frustrazione per le speranze deluse.  Per evitare le guerre di domani servirebbe un nuovo modello di accoglienza e integrazione. E invece si innalzano nuove barriere”.
STEFANO MILIONI

13 Aprile 2016
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