AMBIENTE
6:00 pm, 3 Aprile 16 calendario

Profughi ambientali La nuova emergenza

Di: Redazione Metronews
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USA. Il mondo ha assistito ad alcune tra le più grandi migrazioni di massa degli ultimi anni dopo che la crisi in Siria ha costretto milioni di civili a rifugiarsi in Europa. Per quanto devastanti questi scenari possano apparire, sono verosimilmente solo un triste assaggio delle migrazioni causate dai cambiamenti climatici. Secondo le previsioni dell’Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) nei prossimi 50 anni ci saranno tra i 250 mila e il milione di cosiddetti “pofughi ambientali”. Infatti, l’anno scorso l’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) ha espressamente riconosciuto che «i cambiamenti climatici in atto nel 21º secolo sono destinati a favorire l’aumento della migrazione delle popolazioni». Inoltre, «può aumentare indirettamente il rischio di conflitti, come le guerre civili ,amplificando fattori come la povertà e gli shock economici». 
Calamità naturali
Sebbene si parli solo di stime, sono già molti quelli costretti a lasciare le proprie abitazioni  a causa del clima. Per esempio nell’Artico, che si sta surriscaldando al doppio della velocità del pianeta, le comunità indigene hanno dovuto spostarsi anno dopo anno in seguito a inondazioni, tempeste e temperature estreme, e la situazione verrà esacerbata negli anni a venire a causa del riscaldamento globale.  Le modificazioni del clima causano l’aumento di calamità naturali come alluvioni, tifoni e siccità prolungate. È il motivo per cui eventi atmosferici estremi posso diventare la norma piuttosto che l’eccezione. Michelle Yonetani, consulente, ricercatrice e autrice del report dell’IDMC (centro di monitoraggio profughi ambientali) spiega: «Chi è più esposto a queste calamità, sarà più probabile che dovrà  trasferirsi. L’innalzamento del livello del mare sarà auspicabilmente un’altra significativa causa di migrazioni in futuro, in quanto le abitazioni diverranno inabitabili o i mezzi di sostentamento  diminuiranno, specialmente nei paesi collocati su isole o con coste basse». I profughi ambientali rischiano anche di non essere riconosciuti come rifugiati secondo la convenzione del 1951, in base alla quale  tale stato non si applica a individui costretti ad abbandonare le proprie case in seguito agli effetti dei cambiamenti climatici. Gli “sfollati” ambientali non godono di protezione a livello internazionale. Secondo le proiezioni delle agenzie Onu, le modificazioni del clima rappresentano un problema che può materialmente condizionare l’umanità in un futuro prossimo. «La comunità internazionale deve impegnarsi  con azioni decise per limitare l’impatto dei cambiamenti climatici e fare tutto il possibile per prevenire le migrazioni», spiega Alice Thomas.
DANIEL CASILLAS, Metro World News

3 Aprile 2016
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