Libia
8:13 pm, 6 Marzo 16 calendario

Sette mesi di terrore per Pollicardo e Calcagno

Di: Redazione Metronews
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ROMA Picchiati e minacciati dai carcerieri. I due tecnici della Bonatti, Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, rientrati a Roma dopo un sequestro di sette mesi in Libia, hanno raccontato al pm Colaiocco (che indaga per sequestro di persona con finalità di terrorismo) il terrore che hanno vissuto. «Abbiamo subito violenze fisiche e psicologiche – hanno detto – ci hanno colpito con il calcio del fucile e per alcuni giorni siamo stati senza mangiare. Ci siamo fatti forza l’uno con l’altro».
“Ci siamo liberati da soli”
Fino alla liberazione: «Siamo rimasti soli nel covo per due giorni senza cibo e senza acqua – hanno raccontato – così abbiamo deciso di sfondare la porta». Sino allo scorso 3 marzo segregati insieme a loro vicino Sabrata c’erano anche gli altri due tecnici, Salvatore Failla e Fausto Piano, morti in un conflitto a fuoco ancora da chiarire. Come resta il mistero sul pagamento di un fantomatico riscatto. A gestire i quattro ostaggi è stato sempre lo stesso gruppo di filo-islamici (non dell’Isis). Poi, forse per la situazione che si stava creando nella zona, i carcerieri hanno deciso di separare gli italiani. Failla e Piano sono stati fatti salire con altri su un pick up, poi intercettato dalle forze di sicurezza libiche. Solo all’arrivo a Ciampino Pollicardo e Calcagno hanno saputo che erano morti.
Il dolore della vedova
«Bisognerà capire le responsabilità», ha detto il premier Renzi, ricordando che i tecnici «sono entrati in Libia lo scorso luglio quando c’era un nostro esplicito divieto. La vicenda è molto delicata e bisogna evitare strumentalizzazioni bieche di fronte al dolore». Come quello della vedova di Failla, Rosalba: «Non è arrivata nessuna spiegazione. Devono capire, ma la spiegazione me la devono e lo devono a Salvo». Intanto non c’è certezza sui tempi per il rimpatrio delle due salme.
Renzi: “Con me l’Italia non va in guerra”
«L’Italia farà la sua parte, ma oggi non è all’ordine del giorno una missione militare italiana in Libia». Lo ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, intervenendo a “Domenica Live”. «Quando si parla di guerra bisognerebbe andarci in punta di piedi – ha aggiunto – sento parlare di 5.000 uomini. Ma che è un videogioco? Con me presidente del Consiglio l’Italia non andrà in guerra. La prima cosa da fare è che a Tripoli ci sia un governo solido che abbia la possibilità di chiedere un eventuale intervento della comunità internazionale. Così da non rifare gli errori del passato». «C’è bisogno di più rispetto – ha detto il ministro Graziano Delrio – il nostro ambasciatore a Washington non si permette di dire quanti uomini gli Usa debbano utilizzare». Il riferimento polemico è all’intervista nella quale l’ambasciatore statunitense Phillips ha chiesto 5.000 militari italiani sul suolo libico.
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6 Marzo 2016
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