Vasco Brondi
12:01 am, 15 Marzo 24 calendario
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Vasco Brondi: “Un segno di vita cantando l’amore e l’apocalisse”

Di: Orietta Cicchinelli
Vasco Brondi
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Vasco Brondi è tornato più incisivo che mai, con le sue canzoni che arrivano dritte al cuore, trapassando l’anima, con “Un segno di vita” che resta impresso. Bentornato cantautore controcorrente!

«Anche dopo 15 anni che faccio dischi posso dire che non si sceglie veramente che tipo di disco fare: non ne hai il controllo, te ne accorgi dopo come è venuto. Quel che accade con ogni lavoro è togliere uno strato in più e andare più nel profondo, verso il nucleo fondamentale di me, quello incandescente della terra. In questo disco sono andato in quella direzione e ho semplificato qualcosa».

Così Vasco Brondi presenta il nuovo album “Un segno di vita”: 10 tracce in cui il cantautore ferrarese torna a scavare nel profondo, per vedere cosa succede dentro e condividerlo. Ad accompagnare il disco, il “Piccolo manuale di pop impopolare”, pubblicato con l’album: un libro di avventure che ruotano attorno alla scrittura, tra viaggi, concerti, incontri, riflessioni. Una sorta di diario di bordo che raccoglie quel che è esondato dalle canzoni.

Vasco Brondi e il dono della sintesi

«Mi viene in mente la frase di uno scrittore che dice: “Scusa se sono stato lungo nella mia lettera, ma non ho avuto il tempo di scriverne una più breve” (Blaise Pascal, ndr). Paradossalmente – spiega il cantautore – per sintetizzare ci vuole un passaggio in più e qui per me il passaggio è stato togliere uno strato in più e renderlo immediato esponendo me stesso. La mia voce è più fuori qui e ho tolto molte parole superflue… Ho escluso così tanta roba per tenere queste dieci tracce che in tre anni avrei potuto fare altrettanti dischi, ma ne ho fatto uno solole».

Ritorno al passato
«Questo lavoro – continua l’autore – somiglia più ai miei dischi delle origini che al precedente: ci sono più pezzi d’impatto, movimentati e più cantati… Io ho bisogno di sperimentare. E per me, paradossalmente, lavorare con la forma canzone, con i 3 minuti, con i ritornelli è stata la cosa più sperimentale. Il libro che esce col disco? L’ho chiamato Piccolo manuale di pop impopolare. M’interessava toccare il genere pop ma non popolare. Perché, comunque, io riesco a disinnescare qualsiasi produttore dal fare la hit con la mia scrittura: volevo però giocare col pop».

Brondi e i grandi maestri

«D’altronde i grandi maestri per me sono quelli che sono riusciti a fare hit eterne, vedi Battiato, Dalla e Battisti, a loro modo, seguendo una strada che nessuno gli indicava, molto personale e profonda, ma popolare allo stesso tempo. Penso anche a Paolo Conte che ha attraversato decenni, con il mondo che gli cambiava intorno, facendo le sue cose, vestito uguale, con la sua giacchetta… Mi ha sempre affascinato chi riesce ad essere popolare e profondo. Non mi è mai riuscito finora… Sono con la mia strada ma impopolare, e “Un segno di vita” è pure una sperimentazione in questa direzione».

Il mistero della musica
«Facendo musica riesco a svelare il mio inconscio. Cose che pensavo non mi avessero toccato riemergono, perché hanno lasciato una traccia, e mi ritrovo a scriverne. Il disco è pieno di fuochi e di luce come la copertina che è venuta fuori così luminosa… In periodi bui ho pensato che un segno di vita importante possono essere le canzoni: far luce come fuochi nel buio è l’unico modo per affrontare questi tempi, entrarci dentro utilizzare il nostro transito terrestre per schiarire. E le canzoni parlano anche di questo».

Con Nada è  “Fuoco dentro”

«Nada mi ha detto, come solo lei sa fare: “Le tue sono canzoni d’amore e di apocalisse”. Le ho rubato la frase. E mi sono accorto che sono brani molto intimi, parlano di cose piccole, private, ma dentro in un contesto socio-culturale e ambientale. Nada, una delle mie cantanti preferite che avevo già incontrato, sentendo Fuoco dentro ha detto che ci vedeva tante figure di donne diverse e ci si ritrovava, e per questo l’ho coinvolta nel progetto».

Un disco di ripartenza
«Nelle canzoni deve esserci un po’ tutto l’amore e la guerra. Nell’arte – riflette Vasco Brondi – l’apocalisse è entrata pesantemente da tanto tempo perché gli artisti sono preveggenti… Il covid? È stata un’apocalisse domestica come canto in “Fuori città”… L’apocalisse umana che verrà è un grande rimorso per noi che ci crediamo superiori, ma invece distruggiamo il nostro mondo e siamo gli unici esseri viventi a danneggiare il proprio habitat naturale: il virus sta meglio di noi nel mondo che stiamo creando. Ma forse riusciremo a venire fuori, troveremo una soluzione. Come dice Calvino: bisognerebbe cercare e saper riconoscere chi e cosa nell’inferno non è inferno e farlo durare e dargli spazio».

Instore tour tra Milano, Roma, Torino…

Brondi presenterà “Un segno di vita” alla Feltrinelli di Milano (oggi alle 18.30), poi a Roma con Sandro Veronesi in via Appia Nuova (domani), Firenze (domenica), a Torino con Max Casacci al Circolo dei Lettori (18 marzo ore 21). Sarà anche a Bologna, con Lodo Guenzi alla Galleria Acquaderni (il 19 ore 18). L’instore tour proseguirà in giro per il Belpaese.

15 Marzo 2024
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