Comunicato sindacale e risposta dell'Editore
10:01 pm, 11 Dicembre 23 calendario

Comunicato sindacale e risposta dell’Editore

Di: Redazione Metronews
condividi

L’assemblea delle giornaliste e dei giornalisti di Metro – in stato di agitazione permanente dopo l’annuncio unilaterale dell’editore di voler procedere ad un insostenibile aggravio della solidarietà dal 50 all’80% – stigmatizza il grave ritardo nel pagamento degli stipendi del mese di novembre 2023, senza alcuna comunicazione o preavviso da parte dell’azienda e come già accaduto in più occasioni durante l’anno, in violazione del Contratto nazionale di lavoro giornalistico e degli obblighi connessi alla vigenza degli ammortizzatori sociali, con ricorso a fondi pubblici.

L’assemblea ha poi preso atto delle dichiarazioni rilasciate dallo stesso editore (al di fuori dei canali di confronto sindacale) secondo le quali per Metro “non c’è un piano di dismissione, ma un piano di resilienza importante” e “la finalità editoriale è quella di continuare per almeno altri 23 anni, non di chiudere domani”.

Il termine “resilienza”, tanto di moda, nel contesto imprenditoriale è riferito ad aziende in grado di cogliere le opportunità anche nelle situazioni negative e rafforzandosi grazie alla risoluzione dei problemi. Peccato che nel nostro caso i problemi (dal vuoto di idee e investimenti sul quotidiano cartaceo all’aleatoria presenza sul web) non siano stati neanche lontanamente affrontati, men che meno risolti; mentre le misure prospettate – che renderebbero impossibile garantire la dovuta qualità informativa e porterebbero a salari indegni – non sono certo “opportunità” né per chi scrive, né per chi legge Metro. Proporre una solidarietà all’80% e una “navigazione a vista”, continuando solo ad accompagnare il declino della testata e senza alcuna strategia a lungo termine, significa voler chiudere se non domani, dopodomani. Quanto alle lacrime di coccodrillo dell’editore sul paradossale e proditorio “scippo” subito ad opera del suo predecessore dei remunerativi numeri speciali “cloni” di Metro – un impoverimento ben noto e accettato al momento dell’acquisizione dell’azienda nel 2020 – appaiono ora pretestuose e fuori luogo.

Se davvero l’editore vuole andare avanti deve pagare gli stipendi e riaprire il confronto sindacale in modo serio e con proposte appropriate. Altrimenti si assumerà la piena responsabilità di aver messo fine a questa straordinaria esperienza della freepress italiana.

 


 

La risposta dell’Editore

Né lo stato di agitazione permanente dei giornalisti di Metro, nè un corretto confronto sindacale, possono consentire all’Assemblea il travisamento fazioso della realtà dei fatti, la cui pubblicizzazione e strumentalizzazione, oltre che danneggiare l’immagine della testata Metro, non può che tediare e ammorbare il vasto pubblico dei lettori che quotidianamente seguono Metro sulla carta stampata e on line sul Web, privandoli di accedere a un maggiore spazio d’informazione veritiera, libera e indipendente. Infatti alquanto risibile, se non drammaticamente comico, appare il “grave ritardo” di un solo giorno sul pagamento dello stipendio previsto per il 10 dicembre, all’indomani di una lunga Festività che ha visto un “ponte” di ben 4 giorni e che ha coinvolto le giornate dal 7 dicembre all’11 dicembre, Sant’Ambrogio, Immacolata, sabato e domenica compresi, e quindi il naturale allungamento dei tempi di emissione dei bonifici bancari da parte degli Istituti di credito. Ben più grave del ritardo di un giorno, peraltro motivato, appare ed è, di fronte alla pubblica opinione, la rappresentazione della situazione di centinaia di migliaia d’incolpevoli cittadini, costretti a richiedere il reddito di cittadinanza per indigenza, o i sussidi corrisposti per Aziende in crisi che hanno dovuto interrompere la produzione o chiudere l’attività, per gli effetti della grave e deleteria crisi economica che attanaglia da tempo il nostro Paese.

Per ciò che riguarda la lezioncina da “Accademia della Crusca” sul termine “resilienza”, anche qui l’Assemblea dei giornalisti di Metro dovrebbe vergognarsi sull’uso improprio, poichè la parola è divenuta tristemente “di moda”, ahinoi!, nel periodo di maggiore espansione dell’epidemia di Covid 19, con milioni di famiglie italiane coinvolte e non per fare “cogliere e offrire opportunità di lavoro” ai giornalisti che scrivono su Metro. Le lacrime di coccodrillo appartengono proprio a coloro che sono stati assistiti e finora difesi dall’Editore e dagli ammortizzatori sociali, con il ricorso ai fondi pubblici. Così come, ugualmente, l’Assemblea dei giornalisti di Metro sin d’ora si assume ogni responsabilità, per il passato e per il futuro, sulle affermazioni riguardo ai vituperati “speciali di Metro proditoriamente scippati” nel lontano 2016; dove erano allora Cdr, Assemblea e Organizzazioni sindacali? Probabilmente a prendere acqua alla fontana!

L’attuale scrivente Editore è subentrato solo nel 2020, dando continuità e nuovo smalto a un giornale che di fatto aveva interrotto le pubblicazioni da ben 3 mesi, rafforzando e consolidando la distribuzione di Metro nelle storiche città di Milano, Roma e Torino, istituendo nuove piazze di diffusione nelle città di Firenze, Bologna e Perugia e creando, pressocchè  da zero, il sito web metronews.it che oggi raccoglie 504mila visualizzazioni uniche. Proseguendo tale atteggiamento capzioso, pregiudizievole e denigratorio da parte di un nucleo di giornalisti che hanno visto negli anni sempre salvaguardati diritti, tutelati posti di lavoro e continuità aziendale, indubbiamente un imprescindibile pezzo di Metro, tutti i tentativi per riaprire un concreto e costruttivo confronto sindacale con un “Editore miope, vuoto di idee e investimenti sul quotidiano cartaceo e sull’aleatoria presenza sul web”, apparirebbero superflui, inutili e poco pregnanti. E saranno i lettori, testimoni coinvolti loro malgrado in questa sterile diatriba verbale, a giudicare a chi competerà “la piena responsabilità di volere mettere fine a questa straordinaria esperienza della freepress italiana”.

11 Dicembre 2023
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il giornale
Più letto del mondo