Bergamo
4:55 pm, 2 Marzo 23 calendario

Covid, Fontana si difende. Le morti “evitabili” ad Alzano Lombardo

Di: Redazione Metronews
condividi

I PM DI BERGAMO: ECCO LE ACCUSE A CONTE, SPERANZA, FONTANA 

Sarebbero almeno 36 (35 operatori sanitari e un impiegato amministrativo, due dei quali morti) i dipendenti dell’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo che secondo la procura di Bergamo si sono contagiati all’inizio dell’emergenza covid, a causa della mancata adozione di “tutte le misure tecniche, organizzative e procedurali” utili a “contenere la diffusione del virus” della struttura. Per questo sono indagati il direttore generale dell’Asst di Bergamo Est, Francesco Locati, il direttore sanitario Roberto Cosentina e il dirigente medico Giuseppe Marzulli.  Tra le condotte a vario titolo contestate, il non aver verificato la disponibilità di guanti, mascherine, tute e sovra-scarpe e il non aver effettuato «uno screening radiologico Tac ai pazienti ricoverati al 23 febbraio, che manifestavano una insufficienza respiratoria», che, in assenza di tamponi, secondo i magistrati avrebbe consentito di fare una diagnosi di Covid “per almeno 25 pazienti”, prevedendo poi misure di «isolamento e quarantena sia dei malati che del personale sanitario venuto a contatto con i pazienti infetti».

Ad Alzano false sanificazioni

A Locati e Cosentina la procura di Bergamo contesta anche il falso ideologico: il secondo, il 28 febbraio 2020, in una nota indirizzata all’Ats di Bergamo, avrebbe scritto che già dal 23 febbraio «non appena avuto il sospetto e la successiva certezza della positività al tampone sono state immediatamente adottate le misure previste» nell’ospedale di Alzano Lombardo. Una dichiarazione “falsa” secondo i magistrati, data «l’incompleta sanificazione del ps e dei reparti del presidio stesso». Locati, nelle relazioni dell’8 e del 10 aprile 2020 trasmesse all’ex assessore Giulio Gallera e all’ex dg Walfare Luigi Cajazzo, avrebbe riferito che «nel breve lasso di tempo in cui il presidio è stato chiuso il 23 febbraio, si è provveduto alla sanificazione degli ambienti» e che già dal 23 febbraio al pronto soccorso di Alzano Lombardo era previsto «un percorso d’accesso separato per i pazienti sospetti Covid». «Circostanze queste – scrivono i magistrati nell’avviso di conclusione indagini – tutte pure rivelatesi false».

Fontana si difende e attacca

Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana si è detto indignato per aver appreso di essere indagato dai giornali e di non aver ricevuto nessun avviso e si difende ricordando che, uno,  «quando si tratta di una emergenza pandemica la competenza è esclusiva dello Stato secondo la Costituzione, non secondo me. E due, che la stessa ministra Lamorgese aveva mandato una direttiva dicendo guai a voi se vorrete sovrapporvi con inizative relative alle cosiddette chiusure delle zone rosse perché questa è una competenza esclusiva dello Stato». Anche «il ministro Boccia in quei giorni disse una frase famosa, in questi casi addirittura non interviene lo Stato, lo Stato comanda».

Ma secondo l’accusa la zona rossa poteva essere predisposta sia dal governo che dalla Regione Lombardia. Quello che già si intuiva dall’esito dell’inchiesta che vede indagati l’ex premier Giuseppe Conte e il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani lo ribadisce ai microfoni di ‘Radio 24’: «Col decreto del 23 febbraio 2020 era stata richiamata la precedente legislazione sanitaria per cui in caso di urgenza c’era la possibilità di decidere la chiusura sia a livello regionale che locale». Poi, ha spiegato Chiappani, questa possibilità va messa in correlazione alla «consapevolezza che potesse avere un sindaco o un presidente di Regione rispetto all’emergenza e ai dati che aveva in possesso sull’emergenza». Nel suo intervento, il magistrato ha parlato in generale di «insufficiente valutazione del rischio pandemico» e del fatto che il piano pandemico del 2006, anche se non aggiornato, avrebbe dovuto essere attuato pur se obsoleto, dato che mette sotto accusa l’ex assessore regionale al Welfare Giulio Gallera e l’ex dg Luigi Cajazzo, che figurano tra gli indagati per epidemia colposa nell’inchiesta della procura di Bergamo sulla gestione della prima fase dell’emergenza Covid. A loro  la procura di Bergamo contesta, in particolare, di non aver «censito e monitorato i posti letto in malattie infettive», di non aver «tempestivamente verificato la dotazione di dpi» e «’l’adeguatezza del livello di formazione del personale sanitario», contrariamente a quanto previsto dai piani pandemici regionale e nazionale. Per l’ex assessore e l’ex dg welfare i magistrati bergamaschi ipotizzano anche il reato di rifiuto d’atti d’ufficio,«per avere, in concorso tra loro, indebitamente rifiutato un atto dell’ufficio che per ragioni di sanità pubblica doveva essere compiuto senza ritardo»

La rabbia dei familiari in commissione

«Il sacrificio dei nostri cari non sia vano. Mai più una pandemia, una qualsivoglia emergenza, ci trovi impreparati». E’ l’appello lanciato da Consuelo Locati, dell’associazione Sereni e sempre uniti che rappresenta i familiari delle vittime di Covid, sentita oggi in audizione informale in Commissione Affari sociali della Camera nell’ambito dell’esame delle proposte di legge per l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. «Siamo stati abbandonati, ci siamo sentiti di vivere in una realtà surreale. La Bergamasca è stato il luogo della strage più devastante dal secondo Dopoguerra. In un mese circa sono decedute più di 6mila persone come eccesso di mortalità rispetto ai 5 anni precedenti», evidenzia Locati che pone una serie di domande: «Perché non si è intervenuti almeno a partire dal 5 di gennaio del 2020 al primo alert dell’Oms? Perché non ci è stato comunicato che il virus era già nelle nostre case e, invece di metterci al corrente del rischio che correvamo, ci dicevano che tanto era poco più di una banale influenza? E nella Bergamasca perché non si è intervenuti subito a isolarci? Noi chiedevamo di essere isolati, ma nessuno lo ha mai fatto. Perché sono stati inviati i militari nella Bergamasca il 5 marzo del 2020 e poi sono stati ritirati tre giorni dopo? Non può di certo essere un segreto di Stato, questa spiegazione non possiamo accettarla».

 

2 Marzo 2023
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il giornale
Più letto del mondo