Emergenza cinghiali
2:34 pm, 13 Gennaio 23 calendario

In 7 anni abbattuti 2 milioni di cinghiali. Danni per 120 milioni

Di: Redazione Metronews
Recinzioni cinghiali
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I danni all’agricoltura provocati in Italia dai cinghali in sette anni, dal 2015 al 2021, sfiorano i 120 milioni di euro, per un totale di oltre 105mila eventi. Gli importi annuali oscillano tra 14,6 e 18,7 milioni di euro, per una media di oltre 17 milioni. Sono alcuni dei risultati della prima indagine su scala nazionale che Ispra ha presentato in un evento a Viterbo di Confagricoltura. Le regioni più colpite sono Abruzzo e Piemonte con, rispettivamente, 18 e 17 milioni di euro di danni nei sette anni. Tra il 2015 e il 2021 l’abbattimento di cinghiali è cresciuto del 45% per una media annua di circa 300mila esemplari uccisi (di cui 257.000 in caccia ordinaria e 42.000 nel corso di interventi di controllo faunistico).

Cinghiali fanno più danni in Toscana

Le altre regioni più colpite dai danni sono, con oltre 10 milioni, Toscana, Campania e Lazio. Complessivamente il 36% degli importi (circa 30 milioni di euro) per danni è riferito alle aree protette nazionali e regionali, la restante parte (circa 89 milioni di euro) ad aree non protette. Lo studio è stato realizzato grazie alle informazioni fornite dalle Regioni e dalle Aree protette e che l’Ispra ha comunicato ai ministri dell’Ambiente e dell’Agricoltura.

«In Italia ha detto il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti –  è necessario un cambio di passo nella gestione di alcune specie di fauna selvatica. Un nuovo modello che tenga insieme gli interessi delle imprese agricole e la tutela ambientale oggi è possibile”.  E secondo la confederazione sono necessarie misure specifiche su alcuni aspetti che interessano direttamente le aziende agricole. Tre in particolare le priorità: una migliore gestione del periodo di apertura della caccia, la previsione di una maggiore selezione di alcune specie, e un più efficace sistema di risarcimento dei danni.

Un anno di peste suina

Intanto è passato un anno dall’accertamento del primo caso di peste suina africana (PSA) ad Ovada, in Piemonte, il 7 gennaio 2022. Un anno dopo – con 150 casi in quella regione e 86 casi Liguria, su un totale di 284 accertati in tutta Italia – «siamo nel pantano». Lo denunciano Cia Liguria, Alessandria e Piemonte in una conferenza stampa, organizzata per fare il punto della situazione a un anno dall’inizio dell’emergenza. «Nessun abbattimento, nessuna risorsa. E soluzioni abbozzate e inconcludenti che fanno riferimento a dati indecifrabili se non contraddittori», denuncia la Confederazione Italiana Agricoltori.
Nella stagione 2022/2023 i piani Priu (Piani di intervento urgenti) regionali prevedono che vengano abbattuti 50.000 cinghiali in Piemonte e 38.000 in Liguria, «ma rimaniamo sempre nel campo delle ipotesi irrealizzabili», dichiara Stefano Roggerone, presidente Cia Liguria, «visto che a oggi nella zona rossa è stato abbattuto un numero di capi irrisorio rispetto agli obiettivi e non sono state messe a punto neppure le battute di caccia». Secondo i dati forniti da Roggerone, infatti, nell’ambito dei tradizionali abbattimenti in Liguria entro fine gennaio «avremmo dovuto abbattere 29 mila animali e siamo ad un terzo».

In questo contesto, prosegue il presidente di Cia Lugria, «le aziende vivono una situazione surreale: gli agricoltori continuano a subire danni dai cinghiali, gli allevatori hanno dovuto abbattere i suini sani: 6499 maiali macellati in Piemonte, 286 in Liguria. E ad oggi non hanno visto un quattrino per il danno subito anche rispetto all’impossibilità di reintroduzione degli animali in allevamento, ancora bloccato visto il protrarsi dello stato di emergenza». I dati, denuncia Cia, «sono impietosi e confusi; i numero totale (sottostimato) dei cinghiali è di 104.816 in Piemonte, in Liguria tra i 35.000 e i 56.000». «Si confida sull’attività venatoria, ma in Liguria i cacciatori attivi nella stagione 2011-2012 erano 20.524; dieci anni dopo sono 13.885», sostiene l’organizzazione agricola. «In Piemonte in vent’anni si sono dimezzati: oggi sono meno di 17.000. Non è un caso che in questi anni l’obiettivo prefissato di capi da abbattere – a fronte oltretutto di una popolazione abbondantemente sottostimata – non sia mai stato raggiunto».

Abbattimenti a rilento nelle zone rosse

Inoltre, nella Zona Rossa le regole che hanno imposto hanno portato a uno sciopero dei cacciatori che non hanno convenienza a fare le battute di caccia perché la carne non può essere utilizzata. Risultato: nella parte della Zona Rossa soggetta a maggiori restrizioni per le possibilità di infezioni, in Liguria sono stati abbattuti solo 98 capi, in Piemonte 346.  Se si prende il totale dei capi abbattuti tra Zona Rossa e zone libere il dato è altrettanto allarmante rispetto agli obiettivi prefissati: in Liguria 10.648 capi abbattuti rispetto ai 38.000 previsti; in Piemonte 9.004 capi abbattuti rispetto ai 50.000 ipotizzati. Altro tasto dolente per la CIA, l’assenza di una logistica della gestione delle carcasse. «Di fronte a un obiettivo di depopolamento di quasi 90.000 capi, si sarebbe dovuto mettere in piedi un coordinamento stretto tra tutti i soggetti coinvolti, per realizzare un’organizzazione strutturata – con celle, luoghi di lavorazione e laboratori – per gestire il sistema di smaltimento e le diverse situazioni di carni infette o sane», sostengono i rappresentanti di Cia. «La recinzione – sulla cui effettiva utilità abbiamo più di un dubbio – va a rilento: ad oggi sono stati installati 105 Km sui 170 previsti. Non si hanno certezze di quando l’opera verrà completata in una fase di forte ripresa dei casi».

13 Gennaio 2023 ( modificato il 14 Gennaio 2023 | 0:52 )
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