la Grammatica politica
4:43 pm, 24 Ottobre 22 calendario

“Il” o “la” presidente? Per Treccani e Crusca la grammatica oscilla

Di: Redazione Metronews
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Secondo la grammatica italiana Giorgia Meloni dovrebbe essere chiamata la presidente. Ma, dal punto di vista della consuetudine sociale, se la presidente desidera essere indicata come il presidente ne ha diritto.

Il presidente, cosa dicono i linguisti

E’ l’indicazione della linguista Valeria della Valle, condirettrice del Dizionario della Lingua Italiana Treccani, la quale si esprime sulla richiesta avanzata dal premier Giorgia Meloni di essere chiamata al maschile anziché al femminile. «Se vogliamo stare alla grammatica e all’aggiornamento della lingua italiana – afferma infatti – Giorgia Meloni deve essere chiamata la presidente visto che appartiene al genere femminile così come diciamo la giudice, la rettrice. Questa è la risposta linguistica».

Sotto il profilo invece della consuetudine sociale, osserva la studiosa,  «se la presidente vuole essere chiamata in questo modo ne ha tutto il diritto. Così come ne ha diritto la direttrice d’orchestra Beatrice Venezi che rifiuta di essere chiamata direttrice d’orchestra e vuole essere chiamata direttore. Mai una persona che fa il mio mestiere direbbe che va imposto un uso al posto di un altro. Dico solo qual è la forma che rispetta la lingua italiana. Se poi alcune donne rifiutano queste regole ne hanno tutto il diritto. In Italia, durante il fascismo, c’è stata una politica linguistica. Ora, invece, non siamo nel fascismo: se queste persone amano essere declinate al maschile è una loro scelta personale e ideologica che non corrisponde all’uso grammaticale». Il fatto di declinare al maschile o al femminile una carica, aggiunge la linguista, «è una consuetudine. Probabilmente tra cinquant’anni non faremo più questi discorsi perché si dirà normalmente la presidente, la giudice, la ministra e la sindaca. Ci vuole tempo», sottolinea la linguista.

Non c’è nulla di strano nella decisione di Meloni di firmare gli atti ufficiali come “il” presidente del Consiglio nemmeno per Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca. «I titoli al femminile sono legittimi sempre; chi usa questi femminili accetta un processo storico ormai ben avviato. Chi invece preferisce le forme tradizionali maschili ha comunque diritto di farlo».  «Quella di Giorgia Meloni direi che è persino una decisione prevedibile – spiega Marazzini -Alcune donne non si riconoscono nelle scelte linguistiche della tradizione femminista di marca anglosassone, introdotta in Italia nel 1986 da Alma Sabatini (al tempo delle Pari opportunità del governo Craxi), e ribadiscono la propria diversità attraverso scelte alternative di immediata evidenza».   Stupore, invece, è espresso dal presidente dell’Accademia della Crusca sulla presa di posizione dell’Usigrai, il sindacato dei giornalisti della Rai, che ha chiesto di usare “la” presidente del Consiglio. «Io non credo che qualcuno possa cercare di ‘imporrè complessivamente ai giornalisti italiani la propria preferenza linguistica – afferma il presidente Claudio Marazzini – In presenza di un’oscillazione tra il maschile e il femminile, determinata da posizioni ideologiche, penso che ognuno possa e debba mantenere la propria piena libertà di espressione, optando di volta in volta per il maschile o per il femminile, in base alle proprie ragioni. Semmai in passato si è ecceduto, mettendo in circolazione manuali che sembravano imporre una scelta obbligata e comune per certe istituzioni o per certi ministeri. Una sanzione linguistica per chi non rispetta le indicazioni sull’uso del genere grammaticale non è immaginabile».  Altro caso, è quello dell’interlocuzione diretta con la donna che ricopre la carica. «Mi spiego meglio: personalmente, credo che continuerò a chiamare la Meloni’la presidente del Consiglio dei ministri; ma se la dovessi incontrare in visita all’Accademia della Crusca, nell’interlocuzione diretta non avrei nessun dubbio nell’adottare il maschile, per una doverosa forma di rispetto verso le sue preferenze, in un’occasione in cui si impongono doveri di ospitalità. Anche perché non si tratta di una scelta agrammaticale o antigrammaticale, ma semplicemente di un uso tradizionale, magari minoritario negli ultimi anni, ma ben radicato nel passato della lingua».

24 Ottobre 2022
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