Mecna: «Per stare bene imparate a stare anche soli»

MILANO Dopo il successo dell’album Mentre nessuno guarda per il nuovo singolo  Soli che esce oggi  Mecna, ha voluto con sé Ghemon e Ginevra.
Come mai ha deciso di cantare un brano che si intitola “Soli” con due colleghi?
«È un po’ un gioco di parole averlo chiamato “Soli”. In realtà è un disco corale che parla dei diversi aspetti della solitudine, del poter star bene insieme solo dopo essere riusciti a star bene da soli».
Voi tre state tutti bene?
«Non posso parlare per gli altri ma per quanto mi riguarda sì. Non è la prima volta che tratto il tema della solitudine e dello star bene in mezzo agli altri. Già in “Paura di me”, in cui al centro c’è una storia d’amore, mi soffermavo sull’importanza dello stare bene in coppia. È un lavoro che sto facendo su me stesso».
Ci spieghi.
«Riguarda il me artista. A quasi 34 anni, dopo 10 trascorsi a scrivere, cantare e fare concerti, serve un bilancio. La musica ti dà tanto, ma vorresti sempre di più soprattutto nel mondo del rap dove ormai vive molta gente. Vorrei cercare di raggiungere i miei obiettivi senza stress e ossessioni. Per questo saper stare da soli è fondamentale per non andare fuori di testa».
Questo brano lo ha scritto un paio di mesi fa. I lockdown hanno influito?
«Sul groppone c’era già l’esperienza del lockdown ma sono abituato a stare da solo quindi sono stato abbastanza bene».
Nel brano c’è una frase: “essere soli insieme non essere insieme soli”…
«È ancora un gioco di parole: serve a dividere lo stare insieme di due elementi che formano un qualcosa o di due parti che non si completano tra loro, sia che si parli di amore o di amicizia».
Un suo consiglio a chi oggi si sente solo. 
«Cercar di star bene con la propria solitudine perché c’è del bello anche nello stare soli».
Sta già lavorando su qualcosa di nuovo? 
«Ho messo a punto brani nuovi che si aggiungeranno a quelli del disco uscito in ottobre. Poi mi butterò sul nuovo album e spero di poter tornare presto a cantare dal vivo magari con entrambi i lavori, chissà».
 
PATRIZIA PERTUSO