Milano
6:01 am, 5 Dicembre 18 calendario
4 minuti di lettura lettura

Achille Gozzi: «Al Teatro alla Scala con le infradito si può…»

Di: Sergio Rizza
condividi

MILANO – C’era una volta la Scala in tiro. Quella che richiedeva, come era scritto sui biglietti, «l’abito scuro per le prime rappresentazioni». E che prescriveva «ai signori spettatori» di presentarsi «comunque», ad ogni recita, «in giacca e cravatta». Ora la Scala si limita a chiedere, dice il nuovo regolamento adottato qualche anno fa, «un abbigliamento consono al decoro del teatro», non ammettendo solo gli spettatori «che indossino canottiere o pantaloni corti». La rivoluzione diede i primi segnali a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, come racconta a Metro in esclusiva, nella sua prima intervista, il direttore di sala Achille Gozzi, che, fra le altre, esercita le funzioni di ispettore-capo della buoncostume scaligera. Un tipo inflessibile. Il mese scorso ha accompagnato all’uscita un turista presentatosi in braghe corte. Senonché i tempi lo hanno reso meno inflessibile di una volta. «Oggi», ci dice, «l’80% degli spettatori si veste in modo irregolare, secondo gli antichi codici. Ma entra. Siamo diventati tolleranti…». È una memoria storica.

Achille Gozzi (foto di Sergio Rizza/Metro)

Achille Gozzi, come cominciò a cambiare l’abbigliamento degli spettatori?

«Diventai direttore di sala nel ’92, e la trasformazione era già cominciata. Leonardo Mondadori si era presentato a una “prima” con l’husky…era solo un primo indice della modernizzazione dei costumi della Scala. Seguirono mille altri casi, che cambiarono il concetto di decoro e di eleganza. Missoni veniva coi suoi maglioni. Garattini col dolcevita bianco. Marchesi si era fatto fare una specie di smoking che riprendeva la giubba da chef. Che fai? Li mandi via perché non hanno la cravatta? Non parliamo degli stilisti, con le top model al seguito. Ciascuno imponeva la sua regola».

La “prima” di Sant’Ambrogio cambiò pelle e guidò il cambiamento.

«Sì, diventò una kermesse, una vetrina, non più un momento di eleganza sobria codificata, ma un’occasione per mostrare creatività, per imporre nuovi concetti di eleganza. Il teatro seguiva la società e le sue trasformazioni».
La Scala ha seguito la società, va bene. Lo ha fatto anche in basso, però.
«Le alzate di sipario sono diventato numerosissime. La Scala ha dovuto per forza diventare più inclusiva. C’è la ScalaAperta, ci sono i ragazzi delle scuole…nell’estate di Expo poi è entrato di tutto, turisti sudati, discinti, ciabattoni…dovemmo fare molte eccezioni. In genere, il teatro ha una funzione pubblica e sociale, e d’altra parte è custode di una tradizione. Cerchiamo di stare in equilibrio, col buon senso. Ci apriamo al massimo, ma esigiamo il rispetto di canoni minimi».

Gli abbonati ogni tanto si lamentano.

«Ma loro sono i primi, talvolta, penso alle nuove generazioni, a mettersi il maglioncino».

Casi eccentrici, o dubbi?

«Un texano vestito da cowboy, con cappellone , cinturone e borchie…elegante nel suo genere. Ovviamente uno così entra. Entrano anche -è capitato- lo scozzese in kilt, o l’uomo vestito e truccato da donna. Ci sono stranieri elegantissimi, ma con lo smoking azzurro, o a quadretti, o con la giacca rosa…non puoi mica dirgli niente. Di recente ci ha scritto un gruppo di seminaristi».

E perché?

«Chiedevano se potessero tenere l’abito talare o dovessero mettersi in giacca e cravatta. Ovviamente va bene l’abito talare».

Con maglioncino e scarpe da tennis si entra?

«Sì»

E con le infradito?

«Si entra»

Non ci posso credere.

«Il regolamento non cita le calzature. Se arriva qualcuno con un sandalo poco decente o una ciabatta, glielo facciamo notare, lo preghiamo di cambiarsi, se può…noi facciamo educazione al pubblico. Cerchiamo di essere tolleranti».

I (pochi) respinti come reagiscono?

«Be’, protestano. Chi ha tempo, esce e si compra qualcosa da mettersi addosso. Chi resiste, dice: ma io non lo sapevo, ma io ho pagato, avete ragione ma fate un’eccezione. Ecco, tipico degli italiani è chiederci di fare un’eccezione».

SERGIO RIZZA
Twitter: @sergiorizza

5 Dicembre 2018 ( modificato il 27 Novembre 2021 | 12:43 )
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il giornale
Più letto del mondo
Articoli correlati
Milano
«Il carcere infantilizza, il teatro in carcere restituisce umanità»
Christian, 48 anni, 26 dei quali passati in diverse carceri italiane, racconta la sua esperienza da detenuto-attore nella compagnia I figli di Estia nella casa di reclusione di Milano Bollate
Milano
Il FringeMI Festival invade la città per quattro giorni
Domani inaugura rassegna diffusa di spettacolo dal vivo, che, fino al 9 giugno,  si svolgerà in 13 quartieri della città di Milano con 75 spazi per oltre 200 eventi
Milano
Michielin e Stokholma al timone dei Diversity Media Awards
Martedì 28 maggio dal Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano e poi su Rai1 riconoscimenti che premiano i personaggi e i contenuti mediali che si sono distinti nel corso dell’anno precedente per una rappresentazione valorizzante ed inclusiva delle persone
Milano
Renato Rizzi: «L’affettività in carcere non può più aspettare»
Domani, alla Casa della Cultura, dopo la sentenza della Corte Costituzionale ci saranno, oltre al consulente psicologo presso il carcere di Bollate, anche Valentina Alberta, Presidente della Camera penale di Milano, Giuseppe Bettoni, Presidente della Fondazione Archè Onlus, Fabio Gianfilippi, Magistrato di sorveglianza a Spoleto, Mario Serio, Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, lo scrittore Giorgio Panizzari e Francesco Maisto, Garante dei detenuti di Milano
Milano
Tutto pronto per il “World Anthropology Day 2024”
Divers3 Diseguali: quel che ci unisce e quel che ci divide è il titolo della sesta edizione del WAD che si snoderà tra Milano e Torino dal 15 al 17 febbraio