Giampaolo Cerri
5:00 pm, 24 Novembre 15 calendario

Dobbiamo crescere in meritocrazia

Di: Redazione Metronews
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Da un po’ di anni i rapporti sull’istruzione dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo-Ocse non ci danno buone notizie sul valore delle lauree italiane. E anche il nuovo Education at a glance, più o meno “uno sguardo sull’educazione”, reso noto ieri, non è da meno. Con riferimento al 2014, solo 62 italiani occupati su 100, nella fascia 25-34 anni, era laureato, con un perdita di 5 punti percentuali rispetto al 2010, mentre la media Ocse sia assestata molto più su, al 82%.  Dunque il vecchio “pezzo di carta” serve sempre meno per trovare un lavoro. Numeri che dipendono da vari fattori. Il primo è che la crisi ha, in questi anni, morso in Italia più che altrove, e i nostri tassi di disoccupazione, soprattutto giovanile, sono lì a dimostrarlo. Altro fattore importante è la struttura stessa della nostra economia, fatta prevalentemente di piccole e medie imprese, guidate da imprenditori self-made e spesso non laureti: il combinato di questi due elementi, unito all’alto costo del lavoro, conduce a una disistima della formazione universitaria: un imprenditore che non conosca l’università per non averla frequentata e che è già portato a sottovalutarne il prodotto, dinnanzi all’alto costo del lavoro avrà una bassa propensione ad assumere laureati.
Resta il fatto che si debbano creare programmi di livello universitario che, sul modello di alcuni Paesi come la Germania, producano laureati tecnici più specificatamente richiesti dal mondo produttivo: è una strada che l’Italia ha imboccato da pochi anni con gli ITS, gli istituti tecnici superiori, scuole di specializzazione tecnologica, create sul territorio di concerto alle organizzazioni imprenditoriali. Oggi solo lo 0,2% dei nostri studenti è iscritto a questi percorsi. Ma il dato più preoccupante che emerge dal Rapporto Ocse è forse un altro: i laureati figli di genitori che non hanno fatto l’università hanno un tasso di occupazione più basso, ben 12 punti, rispetto ai figli dei “dottori”. Nella media Ocse la forbice è solo del 2%. Segno che le reti sociali di cui dispongono le famiglie “colte”, da noi contano ancora molto. Oltre che in istruzione, dobbiamo crescere in meritocrazia.
GIAMPAOLO CERRI
giornalista
@gpcerri

24 Novembre 2015
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