Giampaolo Cerri
8:00 pm, 3 Aprile 16 calendario

La killer in corsia oscura i veri eroi

Di: Redazione Metronews
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Le cronache di questi giorni ripropongono l’orrore di un’infermiera killer. Sarebbe accaduto a Piombino, quello che è già successo a Lugo di Romagna, negli anni scorsi, e a Lecco poco dopo il 2000. E se il condizionale è d’obbligo per la vicenda più recente, le cui indagini sono ancora in corso, su quella romagnola pochi giorni fa è stata pronunciata la prima dura sentenza, ergastolo, mentre, in quella lombarda, la protagonista aveva evitato il carcere a vita solo perché aveva chiesto il rito abbreviato. 
E anche stavolta, come per le precedenti, si è evocato il burn-out, ossia la sindrome che colpisce chi esercita le “professioni di aiuto”, che comportano un coinvolgimento psicologico, se non un’empatia, con i destinatari di cure, vivendo spesso uno stress crescente che può condurre a un logoramento nervoso, definito dagli inglesi, letteralmente, “bruciarsi fuori”. 
La follia omicida, insomma, sarebbe il frutto avvelenato, di una malattia professionale portata all’estremo. Un meccanicismo, quello del pieno di dolore capace di offuscare la mente, che però rischia diventare una scorciatoia, innanzitutto, perché non rende ragione all’ottimo lavoro di centinaia di migliaia di infermieri. E non spiega neppure perché, nello sterminato esercito di chi si prendere cura di noi negli ospedali, ci siano spesso attenzioni che vanno ben oltre gli standard professionali, gli obblighi contrattuali, le linee guida assistenziali e i protocolli clinici.
Lavorando anche per una fondazione che è leader in Italia nella riabilitazione e che dispone di oltre 400 letti dedicati ai comi e ai cosiddetti stati vegetativi in vari istituti in Italia, mi è poi capitato di vedere al lavoro gli infermieri e fisioterapisti di molti reparti “Risvegli”.
Oltre alla competenza, ho scoperto delicatezza, misura, simpatia umana, e non solo verso i pazienti, ma anche nei confronti dei familiari.
Uomini e donne capaci di impegnarsi in lunghe sedute per muovere corpi apparentemente inanimati, per non far perdere tono muscolare ai poveri dormienti, per stimolare neurologicamente chi sembra incapace anche di uno sguardo. Ho visto gente che certamente fa fatica, ma che mi piace pensare non possa “bruciare fuori”, perché viva dentro.

3 Aprile 2016
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