“Rock the Kasbah”
9:02 pm, 1 Novembre 15 calendario

Murrey cacciatore di star in mezzo ai talebani

Di: Redazione Metronews
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CINEMA Un manager di musica rock sull’orlo del fallimento; un  viaggio in Afghanistan; una ragazza pashtun che il villaggio vorrebbe tenere chiusa dentro il suo burka e che invece sogna di fare la cantante. Ecco l’immenso Bill Murray che torna al cinema (dal 5 novembre), manager disperato ma stupendamente folle in “Rock the Kasbah” del premio Oscar Barry Levinson, che racconta una storia che sembra finta, ma invece si ispira a fatti reali.
Ci spieghi, Mr Murray, da dove si  è partiti per il film?
Esiste davvero questo show,  “Afghan Star”, la versione locale di “American Idol”, che ogni giovedì sera circa un terzo degli afghani segue in tv e nei villaggi rurali senza elettricità: la gente riempie i generatori di benzina o collega la TV alla batteria delle auto. E c’è stato anche un concorrente pashtun che, contro tutto e tutti, ha deciso si partecipare. Nel film sono il manager alla deriva che scopre una giovane donna afgana con una voce d’oro e la porta allo show.
È stato difficile trasferire la sua comicità in una storia che si consuma in un Paese in guerra?
All’inizio pensavo che il film avrebbe avuto toni più drammatici proprio per questo, in realtà è pazzo ed esilarante, pieno di situazioni comiche inimmaginabili.
Su questo set ha lavorato con la sua abituale rilassatezza?
Assolutamente. Cerco di essere sempre il più rilassato possibile, è questa la chiave del mio modo di lavorare. Essere rilassati come lo si è di solito, o come lo sono io, nella vita quotidiana. Ciò mette le persone a proprio agio e ti fa lavorare al meglio. Più sei rilassato, meglio è. Che è un po’ il motivo per cui recito. Ho scoperto che più mi divertivo, meglio lo facevo, e allora ho pensato: “Bene, questo è un lavoro di cui potrei essere fiero. E questa constatazione mi ha cambiato la  vita”.
Ma quanto è faticoso essere Bill Murray?
Il solo modo che conosciamo per essere noi stessi è fare il nostro meglio per essere noi stessi più spesso che possiamo, e ricordare a noi stessi: questa è casa nostra. SILVIA DI PAOLA

1 Novembre 2015
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