INTERVISTA
5:42 pm, 13 Aprile 23 calendario

Nando De Napoli a Metro: “Un rimpianto? Italia ’90”

Di: A.B.
Nando De Napoli
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Che fine ha fatto Nando de Napoli, detto “Rambo”, di professione mediano, tra i migliori interpreti del ruolo negli anni 80? Lo abbiamo chiesto direttamente a lui.

Per prima cosa devo dirle che le invidio la foto profilo di WhatsApp dove l’ho contattata (c’è una immagine di lui felice dopo un gol, festeggiato da Diego Armando Maradona)
«Grazie (ride, ndr) quella era una amicizia vera. Oltre la figura del calciatore, Diego resta una persona difficile da dimenticare come uomo. Era buono».

Ma è vera quella storia della Ferrari che ho letto da qualche parte?
«Sì sì, me la prestò. Gliela chiesi e mi accompagnò subito in garage a prenderla. La portai a Chiusano San Domenico (il paese dove è nato, ndr) e la tenni due giorni. Può immaginare che furono due giorni divertenti».

Passiamo al calcio giocato: questo Napoli che ormai ha messo il cappello sullo scudetto in cosa è diverso dal suo?
«Noi avevamo Maradona, ma bisogna ricordare che c’era anche una grande squadra intorno a lui. Diego i primi due anni non fece grandi cose a Napoli, però poi piano piano furono acquistati gioca- tori importanti ed abbiamo vinto. La for- za di questo Napoli invece è il gruppo: a mio avviso si tratta di un gruppo straordinario che può contare su un allenatore straordinario. Quest’ultimo aspetto se- condo me è importante: quanto Spalletti perde una partita tutti lo criticano, ma quando macina record nessuno dice niente, come se fosse normale».

De Napoli il 17 giugno 1988 con l’Italia: qui il duello con Michael Laudrup

Lei ora vive a Chiusano San Domenico, nell’avellinese. Cosa fa?
«Prima lavoravo nell’Avellino, adesso non più. Mi occupavo dei giovani. Sto con mia mamma, che ha 94 anni: viviamo nello stesso palazzo. Ci troviamo ogni mattina. Sono stato fuori per un lungo periodo della mia vita ed ora sono tornato a casa e devo dirle che sono felice».

Ha avuto tantissimi tifosi. Come la vedono oggi i ragazzini?
«Qui tutti sanno chi sono, in un piccolo centro è così. Ed anche i più giovani sanno che sono l’unico irpino ad essere arrivato in Nazionale. Riscontrare questo affetto mi fa sempre molto piacere. È una gioia, ma sa perchè? Sono passati tanti anni, non è scontato che il ricordo sopravviva. Quando mi chiedono una foto o un autografo per me è sempre una gioia».

Del resto lei ha vinto tantissimo.
«Mi porto dietro solo la delusione del Mondiale di Italia ‘90. Eravamo una grande squadra, ma arrivammo terzi».

Però al Milan vinse pure una Champions Lea- gue, tanto per dirne una…
«Sì ma ero infortunato, sinceramente non la senti tua come quando giochi, come i due scudetti o la Coppa Uefa con il Napoli».

Ma la sconfitta al San Paolo con l’Argentina del suo amico Maradona?
«Che peccato. Dico solo questo».

Che fine hanno fatto i giocatori del Napoli di allora? Vi sentite ancora?
«Certo, come no. Soprattutto Ferrara, Bagni, Francini, Renica. Poi abbiamo una chat su WhatsApp che si chiama “leggende” dove ci siamo tutti, anche perso- ne che vennero a Napoli molto dopo, come Mertens o la figlia di Maradona».

Approfitto per togliermi una curiosità che ho da circa trenta anni. Il soprannome “Rambo” come è venuto fuori?
«È successo quando giocavo nell’Avellino, allo stadio “Partenio”. Il campo era sempre fangoso ed io davo tutto sempre tutto ed uscivo spesso con il viso imbrattato: per questo qualcuno in Curva Sud ha pensato di chiamarmi Rambo».

Come si fa a restare con i piedi per terra venendo da Chiusano San Domenico e scalando il calcio fino alla vetta? Le garantisco che oggi vedo calciatori fare le star senza aver mai vinto niente.
«Lo dicevo spesso ai giovani quando ero all’Avellino. Non bisogna montarsi la testa, se si vuole fare il calciatore bisogna lavorare in campo ed essere educati e corretti fuori».

A.B.

13 Aprile 2023
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