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7:00 am, 30 Novembre 22 calendario

Per Il mio nome è vendetta Gassmann diventa cattivo

Di: Redazione Metronews
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TV Alessandro Gassmann veste i panni di un cattivissimo per Il mio nome è vendetta su Netflix da oggi. Il film, diretto da Cosimo Gomez e prodotto da Alessandro Usai, vede anche protagonista Ginevra Francesconi.

La storia de Il mio nome è vendetta

Il mio nome è vendetta è la storia di un uomo che, dopo aver vissuto nell’ombra per anni in una tranquilla cittadina del Trentino-Alto Adige, viene catapultato indietro nel tempo quando era un sicario della ‘ndangheta.

La vita di Santo, dopo 18 anni in cui è stato sempre nascosto, viene sconvolta dal ritorno di chi vuole vendicarsi di un omicidio e colpisce la sua famiglia, uccidendo barbaramente la moglie e il cognato.

Con la figlia Sofia, un’adolescente campionessa di hockey sopravvissuta alla strage, inizia un percorso di vendetta costellato di morte e violenza. Sofia scoprirà che la verità le è sempre stata taciuta e che Santo nasconde un oscuro passato. Non senza conflitto, la ragazza accetterà un’eredità fatta di furia e violenza e si alleerà con il padre per vendicarsi senza pietà, in un film che non concede nulla alla speranza.

Il lavoro di Alessandro Gassmann sul suo personaggio

Il modello su cui l’attore romano ha modellato il suo personaggio è Liam Neeson, «una persona tranquilla e dolce nella vita, come ho avuto modo di vedere quando eravamo insieme in giuria in un festival, che ha interpretato tanti ruoli in revenge movie e che mi ha ispirato di più per la fisicità che ci avvicina alla mia».

Gassmann confessa poi che il ruolo dell’ex killer gli è piaciuto molto ma è distante da lui.

«Non sono una persona vendicativa – racconta – sono uno che si scalda facilmente, soprattutto in passato, ma la violenza è lontana da me». Poi aggiunge: «Tendo a non portarmi dietro i personaggi alla fine delle riprese, girare comunque un film d’azione in cui quasi ogni giorno uccidevo qualcuno, seppure per gioco, mi ha portato a essere anche più buono e gentile con le persone che mi circondavano».

Alessandro Gassmann e la violenza

Parlando poi della violenza oggi, Gassmann, molto attivo sui social network, sottolinea come «l’animosità, l’aggressività nascosta all’interno dei social ha accresciuto il sentimento dell’occhio per occhio spesso fuori luogo molto presente nella nostra società. Il film per fortuna non fa male e crea puro intrattenimento».

Il rapporto padre-figlia in Il mio nome è vendetta

Padre di un ragazzo – il cantautore Leo, vincitore al Festival di Sanremo 2020 nella categoria Nuove Proposte – Alessandro Gassmann nel film deve gestire il rapporto con una figlia adolescente.

«Sono stato un padre severo, concentrato sul rispetto delle regole, del lavoro degli altri e credo che mio figlio in questo senso ha fatto sua questa idea – spiega – con una femmina, essendo anche molto geloso delle persone che amo, avrei avuto più difficoltà in questo senso. Sarei stato meno severo – conclude – ma avrebbe avuto difficoltà a portare a casa i fidanzati…».

«Questo film – aggiunge Gassmann – è una novità per l’Italia, un film di pura azione. E il mio è un ruolo che raramente viene offerto a un attore italiano. E’ una storia molto avvincente e mi sono divertito anche perchè per la prima volta sono stato utilizzato per quello che sono, un omone di 1 metro e 93; spero di continuare in questa direzione».

«Il mio personaggio – conclude Gassmann – è un uomo che si è rifatto una vita, ha una famiglia, una moglie e una figlia che ama. Il ritorno del passato risveglia la violenza sopita e il revenge movie si rifà a questo. Reagisce non rispettando le regole civili con le inevitabili conseguenze. Voglio bene al personaggio di Santo: ha un pensiero semplice, ma drammaticamente onesto, se vogliamo».

Il regista Gomez: «Un revenge movie italiano di qualità»

«Abbiamo pensato che fosse giunto il momento di fare un revenge movie italiano di qualità superiore a quelli che si vedono di solito – spiega il regista Cosimo Gomez -. Un genere che ha grande tradizione all’estero – in Francia, in Inghilterra e negli Usa – mentre in Italia, a causa dell’approccio produttivo, non siamo riusciti a fare un film di genere di alto livello».

«L’approccio al film, dal punto di vista stilistico, è stato fatto valutando reference importanti – prosegue il regista – a partire da tutto il cinema di Tony Scott, uno dei registi che ha cambiato il mondo di Hollywood non solo perché ha diretto Top Gun, ma soprattutto con Man on Fire il capolavoro dei revenge».

«Il mio nome è vendetta non è un film di ‘ndrangheta»

«I cattivi del film restano tali perché stiamo parlando di un film di genere, un film di vendetta – spiega ancora Gomez – questo non è un film che parla di ‘ndranghea, comunque. Per la storia ci sembrava interessante far vivere l’avventura a un padre e una figlia e arrivare al fatto che la figlia non diventasse solo alleata – conclude il regista – ma anche la sua erede. Questa storia è semplice e non c’era lo spazio per la riabilitazione dei cattivi».

Il regista, che utilizza storyboard per descrivere agli attori le scene dimostrando un’eccellente capacità di disegnatore, ammette di essere già al lavoro su un possibile sequel.

«Gassmann e la Francesconi sono talenti straordinari»

Per Alessandro Gassmann e della giovane Gineva Francesconi, ha solo parole di stima: «Loro sono talenti straordinari: abbiamo lavorato sulla sceneggiatura insieme e, al di là della preparazione tecnica, hanno messo nei personaggi qualcosa di personale e i personaggi gli sono entrati dentro. Ho scoperto grazie a loro particolari che non mi ero reso conto mentre giravo. Inoltre – aggiunge Cosimo Gomez – hanno portato grande armonia sul set: otto settimane di lavoro in armonia proprio grazie agli attori protagonisti, pur nella complessità del film, con esplosioni e battagie».

Prodotto da Maurizio Totti e Alessandro Usai per Colorado Film e Iginio Straffi, Il mio nome è vendetta è stato girato in gran parte in Trentino-Alto Adige. «E’ stata una scelta narrativa, oltre che estetica ovviamente – spiega ancora il regista – perchè ci è sembrato il luogo più adatto per far credere che quest’uomo per 18 anni si sia potuto nascondere tra le montagne e abbia iniziato una nuova vita».

 

 

 

 

 

30 Novembre 2022 ( modificato il 29 Novembre 2022 | 15:28 )
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