Dinosauri
3:39 pm, 2 Dicembre 21 calendario

Il dinosauro più grande d’Italia nel branco dei record

Di: Osvaldo Baldacci
condividi

Un branco di dinosauri si aggirava per il Friuli e tra loro anche il dinosauro più grande d’Italia. È una scoperta piena di record quella fatta dai paleontologi vicino Trieste che hanno scavato il primo branco di dinosauri mai rinvenuto in Italia.

Numerosi scheletri in perfetto stato di conservazione sono stati ritrovati nel sito di Villaggio del Pescatore, comune di Duino-Aurisina, a pochi chilometri da Trieste. La scoperta è stata riportata da un gruppo internazionale di ricerca coordinato da studiosi dell’Università di Bologna in un articolo pubblicato su “Scientific Reports“, rivista del gruppo Nature. Gli straordinari scheletri venuti alla luce appartengono alla specie Tethyshadros insularis: si tratta di almeno sette esemplari (ma probabilmente sono undici), tra cui in particolare un nuovo dinosauro, soprannominato “Bruno”, che rappresenta il dinosauro più grande mai rinvenuto in Italia. Hanno 80 milioni di anni, erano più grandi di quanto pensato finora e vivevano in un ecosistema unico sulle sponde di un antico oceano

Bruno il dinosauro più grande d’Italia

L’esemplare più interessante descritto nello studio è stato chiamato Bruno: un dinosauro a becco d’anatra, appartenente alla specie Tethyshadros insularis, lungo quasi sei metri, alto due, massiccio, pesante ben oltre 700 chili. Secondo gli studiosi aveva le potenzialità per crescere ancora, e dunque era un esemplare adulto ma giovane. Ciononostante è al momento il dinosauro più grande d’Italia, quello con lo scheletro completo più grande rinvenuto fino ad ora.

Il sito archeologico

Nello stesso sito sono stati inoltre ritrovati pesci, coccodrilli, rettili marini e persino piccoli crostacei: tutti elementi che hanno permesso di ricostruire una vivida immagine di questo antico ecosistema senza eguali al mondo. I reperti rinvenuti al Villaggio del Pescatore possono essere oggi ammirati al Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, concessi in deposito da parte del Ministero della Cultura.

“Questi nuovi scheletri ci permettono di capire meglio la storia evolutiva di un gruppo di dinosauri chiamati hadrosauriformi: i dinosauri a becco d’anatra a cui appartengono Bruno e Antonio”, spiega Alfio Alessandro Chiarenza, dell’Università di Vigo (Spagna), primo autore dello studio. “Siamo riusciti a ricostruire come questi dinosauri siano arrivati fino nel cuore dell’attuale Mediterraneo durante il periodo Cretaceo, circa 80 milioni di anni fa: se un tempo di pensava ad un mondo fatto solo di piccole isole tropicali, poco ospitali per i grandi dinosauri, nuovi dati dimostrano come ampie terre emerse connesse con Asia ed Europa occidentale permettessero ad animali come quelli del Villaggio del Pescatore di sopravvivere e, cosa ancora più importante, di fossilizzarsi giungendo intatti fino ai giorni nostri”.

Il Mediterraneo preistorico

Al tempo dei dinosauri, fra 230 e 66 milioni di anni fa, l’area occupata oggi dal Mar Mediterraneo sarebbe stata difficile da tracciare in una mappa: un insieme di piccole isole lontane dalle grandi masse continentali europee, africane e asiatiche, e di conseguenza un luogo davvero poco adatto ad ospitare grandi branchi di questi animali. Non a caso, per lungo tempo i geologi hanno considerato l’area che oggi è il Villaggio del Pescatore come un’isola situata nel mezzo di un antico oceano chiamato Tetide.

L’avventurosa storia dello scavo

Il sito di Villaggio del Pescatore salì per la prima volta alla ribalta alla fine degli anni ’80, quando due appassionati di geologia, i signori Alceo Tarlao e Giorgio Rimoli, si imbatterono in qualcosa di inaspettato: resti fossilizzati di ossa. Qualche anno più tardi poi, nel 1994, una studentessa di geologia, Tiziana Brazzatti, durante un sopralluogo nella cava, scoprì quello che sarà successivamente identificato come il primo scheletro completo del sito. Le indagini che seguirono la scoperta svelarono in fretta di chi fossero queste ossa, ma la caccia al dinosauro si rivelò particolarmente complicata, con lame diamantate, ruspe e bulldozer per estrarre gli enormi blocchi di dura roccia calcarea che preservavano i resti. E i problemi continuarono anche in seguito: per svelare i reperti fossilizzati, le grandi rocce dovettero infatti affrontare lunghi bagni nell’acido.

Antonio, il cucciolo di Bruno

È solo a questo punto che affiorò Antonio: un dinosauro a becco d’anatra, lungo quasi cinque metri, perfettamente preservato. Il primo esemplare di Tethyshadros insularis. La datazione del reperto inizialmente fissata a 70 milioni di anni fa, le dimensioni relativamente ridotte del dinosauro e il fatto che il Villaggio del Pescatore in quell’epoca lontana fosse un’isola in mezzo all’oceano, fece ipotizzare che “Antonio” appartenesse a una specie “nana”, adattata per sopravvivere alle scarse risorse ambientali delle piccole isole. La scoperta ora di altri esemplari, e in particolare di “Bruno” – più grande e con proporzioni più massicce di “Antonio” – ha portato però gli studiosi a rivedere questa ipotesi. “Bruno appartiene alla stessa specie di Antonio, anche se è più grande e massiccio: il motivo è semplice, non hanno la stessa età”, spiega Fanti. “Bruno è più grande, adulto, di Antonio, e proprio come in qualsiasi specie che conosciamo oggi ha un aspetto diverso proprio a causa della sua età: insieme, questi due animali, ci mostrano un aspetto molto raro da vedere nei dinosauri, ovvero come cambiavano mano a mano che crescevano”.

2 Dicembre 2021
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il giornale
Più letto del mondo