Leonardo Pieraccioni Se son rose
6:05 am, 27 Novembre 18 calendario

«L’amore per sopravvivere va sventolato»

Di: Redazione Metronews
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CINEMA L’amore secondi Leonardo. Il Leonardo più fruttuoso della storia del nostro cinema contemporaneo. Il Leonardo Pieraccioni che torna al cinema con la sua ridanciana riflessione su cosa parliamo quando parliamo di amore che muore per noia. Anzi, come dice lui, “che muore perché l’amore per sopravvivere va sventolato, altrimenti si affloscia” . Ecco  “Se son rose”,  dal 29 in sala, da lui diretto e interpretato al fianco di una frotta di attrici, da Caterina Murino a Michela Anfreozzi, da Elena Cucci a Gabriella Pession, da Claudia Pandolfi alla giovane Mariasole Pollio, un film che doveva titolarsi ‘gli evitanti’. Chi sono? «Quelli che prendono coscienza che non c’è la fanno a sostenere il peso dell’amore e la noia da evitare oltre i tre anni e vanno via».
Affonda nell’autobiografismo tutto questo? «Sì, a 50 anni ho deciso di fare il punto della situazione. Mi sono chiesto che cosa avviene dopo il ‘vissero felici e contenti’, cosa avviene a quelli che non c’è la fanno a fare la maratona del matrimonio. E io sono tra questi, anche se so che l’unico anello debole delle mie storie passate e delle mie fidanzate lasciate sono io. Io sono il vero problema. Ma, al di là di me, vale sempre ciò che il mio personaggio dice nel film, in una coppia vale ciò che vale per un cellulare, se non ci si adegua al cambiamento si è tagliati fuori, se il sistema non si aggiorna va in tilt. Allora che fare? Devi almeno provare a spegnere e riaccendere ma, se non funziona, devi chiamare un tecnico, un esterno».
E stavolta, a scrivere con lui non c’è il fido Veronesi ma «magari lavoreremo di nuovo insieme la prossima volta ma  stavolta non siamo riusciti. Siamo troppo diversi e non sempre ci incastriamo bene. Io sono un  pigro, sto benissimo a casa senza far niente, mi alzo, guardo la tv, mando due mail, scrivo una canzoncina e arrivò a sera, e non mi annoio. Mentre Veronesi è uno che fa duemila cose insieme, è arrivato quando avevamo già quasi finito».
In compenso,  c’è appunto il Pieraccioni ultracinquantenne più che mai. La sua malinconia più; che mai. La sua accogliente pigrizia più che mai. Il tutto condito da grattugiate riflessioni sul tempo che passa e su ciò che non resta, amore incluso. Sarà per questo  che, come lui dice, «sarà forse la mia ultima commedia romantica perché ormai le ho declinate in tutti i sensi e con tutte le donne e le  bellezze possibili. Ma oggi questa chimera del matrimonio non la inseguo più, mi sento a disagio all’idea di incontrare un nuovo amore e direi che ho abbandonato il sentimentalismo e acquisito qualcosa che non perderò mia più e cioè il rapporto con un figlio, infatti qui ho fatto debuttare mia figlia di 8 anni. E , ripensando al passato mentre scrivevo, mi sono commosso vedendo il me stesso del passato, quando l’amore era tutto, l’ho fatto per non congelarmi il cuore. Quindi il prossimo film non sarà una commedia romantica ma resta nell’ambito della commedia perché in  vent’anni mi hanno proposto di tutto ma io non ho la sindrome del David di Donatello ma del cabarettista . Ho messo tutta la mia malinconia nella commedia e questo voglio continuare a fare».
 
SILVIA DI PAOLA

27 Novembre 2018
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