MAFIA CAPITALE
10:30 pm, 24 Novembre 16 calendario

Mafia Capitale: in aula il passato degli imputati

Di: Redazione Metronews
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ROMA Le ombre del passato continuano a tormentare i protagonisti del processo Mafia Capitale. Da Massimo Carminati, a Riccardo Brugia, fino a Salvatore Buzzi, le cui sentenze passate in giudicato sono state depositate nell’udienza di ieri dal pm Luca Tescaroli, per meglio configurare la personalità degli imputati. Fra le carte che riguardano “il Nero”, ci sono alcune delle rapine che lo videro protagonista negli anni 80, come il colpo alla Banca di Roma di piazza Annibaliano che fruttò a lui e ai suoi complici circa 200 milioni di lire. Mentre su Salvatore Buzzi, è soprattutto un dettaglio del suo passato giudiziario ad essere considerato significativo dall’accusa.
Nella sentenza definitiva del 20 marzo 1986, l’ex ras delle coop oltre ad essere stato condannato a 14 anni di reclusione per l’omicidio di Gargano Giovanni vide aumentarsi la pena di altri 8 mesi per il reato di calunnia. Secondo i giudici dell’epoca, «al fine di procurarsi l’impunità del delitto di omicidio di Gargano Giovanni», Buzzi incolpò un funzionario di polizia della Squadra mobile, il dott. Monaco, ed altri agenti di falso ideologico in atto pubblico e violenza privata aggravata, «assumendo falsamente che – si legge negli atti – detti pubblici ufficiali, colpendolo in ogni parte del corpo con calci e pugni, nonché insultandolo, gli avevano estorto le dichiarazioni verbalizzate il 25 giugno 1980, dalle quali erano emersi gravi indizi in ordine all’omicidio ascrittogli».
La sera prima, il cadavere del 25enne Giovanni Gargano era stato trovato in una cunetta di via Ponte Malnome. Insieme a lui e ad altri, Buzzi aveva messo in atto una truffa contro la Banca d’America e d’Italia, di cui era funzionario, sottraendo e incassando diversi assegni di proprietà della banca. Il corpo di Gargano, cosparso di benzina, presentava numerose ferite di arma da taglio: Buzzi, dopo averlo ucciso con un coltello, aveva versato sul suo cadavere circa 10 litri di benzina che precedentemente aveva prelevato con un tubo dal serbatoio della propria macchina. Nel taschino della camicia di Gargano c’erano dei cerini Minerva e lo stesso Buzzi aveva con se un accendino, che venne ritrovato a poca distanza dal corpo. Ma Buzzi non innescò mai la combustione, a suo dire, per «improvvisa resipiscenza di fronte al cadavere».
Incensurato al momento dell’omicidio, Buzzi risultava essere in uno stato di nevrosi ossessiva, come rilevato dalla perizia psichiatrica menzionata nella carte, dove, fra le altre cose, è presente anche il provvedimento di grazia del 1994 e la successiva riabilitazione definitiva del 1998. Nel frattempo, durante la detenzione a Rebibbia, Buzzi si era laureato in Lettere e Filosofia e nel 1985 aveva fondato la coop 29 giugno, che in pochi anni sarebbe diventata una delle più importanti realtà economiche della città.
MARCO CARTA

24 Novembre 2016
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