Italia, Paese in letargo dove la ripresa è fai da te
ITALIA Diciamo che è una Italietta, in letargo esistenziale ed incapace di progettare il futuro quella che esce dal ritratto tracciato dal Censis nel suo 49esimo rapporto annuale. Un Paese dove crescono disuguaglianze ed egoismi, dove le riforme varate dall’esecutivo faticano a suscitare consenso, e dove la crescita avviene puntando tutto su quel che rimane dei grandi soggetti economici, politici e sociali che hanno indirizzato la società negli anni passati.
VIDEO. L’Italia dello “zero virgola”
Politica
Rispetto agli anni passati – si legge nella Considerazioni generali del Rapporto – spicca il rilancio del primato della politica, «con un folto insieme di riforme di quadro e di settore, e la messa in campo di interventi tesi a incentivare propensione imprenditoriale e coinvolgimento collettivo rispetto al consolidamento della ripresa». Tuttavia la dialettica tra società e politica è entrata in crisi: quest’ultima non riesce a produrre un progetto generale di sviluppo del Paese, e di conseguenza non riesce a creare quell’osmosi con i «mondi vitali sociali che hanno caratterizzato i migliori periodi della nostra storia recente».
L’arte di arrangiarsi
Così molti italiani cercano di cavarsela come possono. «Esempio ne sono i giovani che vanno a lavorare all’estero o tentano la strada delle start up – è scritto nel Rapporto -. Oppure le famiglie che accrescono il proprio patrimonio e lo mettono a reddito (con l’enorme incremento dei bed&breakfast), le imprese che investono nella green economy, i borghi turistici, l’integrazione degli stranieri nella nostra quotidianità, l’intreccio tra successo gastronomico e filiera alimentare». C’è poi «l’Italia dello zero virgola», annota il Censis, in cui le variazioni congiunturali degli indicatori economici sono ancora minime e continua a gonfiarsi la bolla del cash cautelativo». Gli italiani, cioè, preferiscono tenere fermi i risparmi, perchè temono il futuro.
Poeti, santi e risparmiatori
Il risparmio in effetti resta la scialuppa di salvataggio visto che nell’anno trascorso 3,1 milioni di famiglie hanno dovuto usare i soldi messi da parte per fronteggiare gap di reddito rispetto alle spese mensili. Riparte il mattone, come sembra segnalare il boom delle richieste di mutui (+94,3% a gennaio-ottobre 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014) e si diffonde la propensione a mettere a reddito il patrimonio immobiliare: 560.000 italiani dichiarano di aver gestito una struttura ricettiva per turisti, come case vacanza o bed&breakfast, generando un fatturato stimabile in circa 6 miliardi di euro, in gran parte sommerso.
Turismo ok
La crisi c’è, ma il turismo verso l’Italia rappresenta invece un record positivo: siamo una destinazione tra le più ambite dagli stranieri, che tra il 2000 e il 2014 hanno incrementato la loro presenza del 47,2%. L’altro dato positivoriguarda la maggiore propensione all’acquisto di beni durevoli, nonostante la situazione di incertezza. Il 5,7% delle famiglie (più del doppio rispetto all’anno scorso) ha intenzione di comprare un’auto nuova e se sarà così si avranno nel 2016 circa 1,5 milioni di immatricolazioni, come non si vedeva dal 2008.
Dipendenti dal web
Il Rapporto conferma poi l’inarrestabile trend digitale degli italiani: ormai in 15 milioni fanno acquisti su internet, e l’home banking è praticato dal 46,2% degli utenti del web. Cresce l’uso degli smartphone, impiegati da oltre la metà degli italiani (il 52,8%), e anche i tablet raddoppiano la loro diffusione: li usa italiano su quattro (26,6%). Cresce senza freni la presenza degli italiani sui social network: al primo posto Facebook, frequentato dal 50,3% dell’intera popolazione e addirittura dal 77,4% dei giovani under 30. Youtube raggiunge il 42% di utenti (il 72,5% tra i giovani), e Twitter il 10,1% degli italiani.
Immigrati
Per Il Censis gli immigrati regolarmente residenti in Italia inseguono sempre più una condizione di ceto medio, a differenza delle situazioni di concentrazione etnica e sociale presenti in altri paesi. Tra il 2008 e il 2014 sono aumentati del 31,5 per cento, per esempio, i titolari d’impresa stranieri, soprattutto nel commercio. E anche gli italiani sembrano più aperti all’integrazione: per il 44% è italiano chi nasce in Italia, e per il 33% ritiene che la cittadinanza vada data a chi risiede nel nostro Paese da un certo numero di anni.
Negozi
In calo i negozi di abbigliamento, calzature, ferramenta, macellerie. Crescono invece i take away (+37% tra il 2009 e il 2015), i ristoranti (+15,5%), i bar (+10%), le gelaterie e le pasticcerie (+8,2%). Ciò dipende dal fatto che il cibo è sempre più diffuso nella nostra vita, dal ridotto capitale necessario per avviare queste attività, e dall’iniziativa degli stranieri nel commercio.
METRO
© RIPRODUZIONE RISERVATA