Europa e migranti tra dubbi e complessità
L’inatteso ripensamento della Merkel nei confronti dei profughi siriani e i miliardi di euro stanziati per fronteggiare il fenomeno, pongono vari interrogativi. Dopo aver a lungo trascurato la tragedia che avveniva in Italia, in Grecia e in Spagna, la Germania ha infine mostrato di non tenere nel minimo conto le paure di chi straparla di infiltrazione di terroristi tra i profughi e di chi paventa il contagio da parte di chi ha peraltro potuto sopportare esodi lunghi e faticosi. Dissennatezze alle quali non credono neppure quanti agitano tali spauracchi in vista di miserabili vantaggi politici ed elettoralistici. Plausibile che un positivo effetto l’abbia svolto in merito anche l’inespressa “minaccia” del 14 giugno di Matteo Renzi, che annunciava un “Piano B” per fronteggiare gli egoismi di Bruxelles e la rinascita di nazionalismi d’accatto di alcuni Stati comunitari, con l’osceno ricorso a nuovi muri di separazione e a truculenti posti di blocco frontalieri.
Non pone interrogativi invece la superficiale ammissione nella CE di tanti Stati, al prevalente fine di consolidarne il distacco dall’orbita della risorgente Russia post-sovietica.Un Interrogativo resta per contro la contrarietà di un Paese orgogliosamente islamico come la Turchia d’ospitare, come dovrebbe, i tanti profughi musulmani (ostili all’odiato Asad), affannosamente dirottati invece verso la storica nemica greca. Un interrogativo similare riguarda anche le nazioni del Golfo Persico, pronte a metter mano al portafoglio, ma non ad accogliere stabilmente sui loro territori i profughi loro correligionari. La catastrofe umanitaria in atto e lo stesso terrorismo gihadista sono il frutto malato del devastante binomio Bush Jr.-Bremer in Iraq, della frenesia bellicista di Sarkozy in Libia e della irresolutezza di Obama in Siria, tutti responsabili dell’implosione di realtà statuali artificiosamente create al tavolino nel XX secolo da vincitori quali l’Italia monarchica, il Regno Unito o la Francia. Se ne trarranno mai le debite conclusioni?
CLAUDIO LO JACONO
direttore di “Oriente Moderno”
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