Carolina Bottari
8:10 pm, 28 Giugno 15 calendario

Bottari: Ho rivissuto l’incubo del Bardo

Di: Redazione Metronews
condividi

INTERVISTA. «Quel che è successo di nuovo in Tunisia mi ha riportato a quel che è successo a noi. Non avrei voluto guardare, ma non ce l’ho fatta». Carolina Bottari è una delle sopravvissute alla strage del Bardo di Tunisi del 18 marzo, in cui perse il marito, Orazio Conte. «Rivivo il terrore – racconta – è stato tremendo. In quei momenti non sai cosa sta succedendo». Tre figli universitari, da allora non ha mai rilasciato interviste. È in sedia a rotelle, fino al prossimo anno, dice.
Cos’ha provato vedendo il nuovo attentato in Tunisia?
Solo chi l’ha vissuto può comprenderne il terrore. In quei momenti non sai cosa pensare. Dalle testimonianze sentite, stavolta loro pensavano fossero scontri. Noi, invece, ci siamo subito resi conto. Dalla finestra ho visto un poliziotto che indietreggiava. Sentivamo sparare. Per la paura siamo entrati in quella stanza, ma è arrivato un uomo, vestito con pantalone e giacca nera. Ci ha sparato col mitra, senza pietà. Poi è uscito. Neanche il tempo di renderci conto in che stato eravamo ed è rientrato. Ci ha guardato negli occhi e ci ha sparato ancora. Il medico legale ha detto che mio marito è morto la seconda volta…
Che idea si è fatta di quel che è successo al Bardo?
L’assassino prima ha fatto uscire due arabi. Ha fatto loro segno di andarsene e quelli son scappati. Avevo capito che era lì per noi. Non ha sparato con rabbia. È stato freddo. Cercano noi occidentali ma non so cosa vogliono. Che possiamo fare? Deve essere il popolo tunisino, i musulmani che credono nella libertà, a ribellarsi. Non si può vivere nella paura.
Com’era quest’uomo?
Chiaro di capelli, basso, sui 25 anni. Non era arabo, ma neanche occidentale. Non l’ho visto tra i morti né tra le foto segnaletiche. È ancora in giro, ho paura d’incontrarlo.
Cosa le ha dato la forza di reagire?
Ho pensato “abbiamo 3 figlì e qualcuno di noi deve tornare: ho preso il cellulare e dato l’allarme…
Lo Stato l’ha aiutata?
No. Io ho tre figli che devono studiare, andare all’università. Io ho uno stipendio da dipendente comunale, io ai miei figli voglio dare le stesse cose che avrei dato loro se c’era mio marito vivo. Marco, il più grande, ha 27 anni. Fa l’ultimo anno di università, il prossimo anno si laurea. Il secondo, Davide, compie 24 anni a luglio. A settembre si deve iscrivere alla magistrale di architettura. Nadia invece adesso farà il test per biologia.
 
LCR-DPN/LAPRESSE

28 Giugno 2015
© RIPRODUZIONE RISERVATA