Solidarietà
12:59 pm, 22 Marzo 24 calendario

Sos Villaggi dei Bambini racconta la forza delle donne

Di: Redazione Metronews
Sos Villaggi dei Bambini
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SOS Villaggi dei Bambini sceglie di celebrare nel mese di marzo – in occasione della Giornata Internazionale della Donna – l’impegno e i risultati raggiunti dalle donne in Italia e in tutto il mondo. La parità di genere è, infatti, fondamentale per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. E per costruire una società in cui ogni bambino e ogni giovane possa crescere con la cura e il sostegno di cui ha bisogno.

Per questa ricorrenza, l’Organizzazione sceglie di dare voce alle bambine, alle giovani donne e operatrici che, nei Programmi e Villaggi SOS nel mondo e in Italia, hanno trovato e dato protezione e cura. Ma anche fiducia, sostegno e strumenti concreti per diventare “chi hanno sempre voluto essere”.

Sos Villaggi dei bambini: una voce per la giovani donne

Giovani donne che hanno fatto cose straordinarie. In prima linea nell’affrontare emergenze sociali e culturali, nell’attivazione a contrasto degli stereotipi di genere. Pronte a sensibilizzare la comunità su tematiche importanti, come le mutilazioni genitali femminili, i matrimoni precoci, la risposta all’emergenza in situazioni di conflitto.

«La parola chiave per raggiungere il futuro equo è senza ombra di dubbio l’empowerment femminile. SOS Villaggi dei Bambini lavora quotidianamente per perseguire questo obiettivo. Accogliendo e sostenendo bambine, ragazze e donne per accompagnarle in un percorso di crescita e di autonomia». In occasione del mese dedicato alla donna, Guendalina Dell’Anno, Referente del Programma di sostegno familiare di Milano, parla con orgoglio del percorso Empower Women, avviato nel 2021 a Milano, anche grazie al supporto di Soroptimist Club Milano Alla Scala.

Un percorso di supporto al raggiungimento dell’autonomia rivolto a donne che necessitano di inserirsi o reinserirsi nel mercato del lavoro. Include attività tra cui: individuazione di obiettivi, accompagnamento al bilancio delle proprie competenze e nella fase di integrazione o reintegrazione nel tessuto comunitario (career coaching).

Dall’incontro tra SOS Villaggi dei Bambini e il Soroptimist Club Milano Alla Scala è nato inoltre, Curricula Lei, volto all’elaborazione del Curriculum Vitae e alla preparazione e simulazione di test e colloqui lavorativi.

Questo percorso si inserisce in un più ampio e articolato Programma di sostegno familiare, per supportare i nuclei che vivono situazioni di vulnerabilità, generate perlopiù da condizioni socio-economiche svantaggiate.

In questa occasione, SOS Villaggi dei Bambini rende onore a giovani donne che hanno gettato un seme di speranza, ragazze e bambine che hanno compiuto scelte coraggiose.

Sos Villaggi dei bambini: ecco Selam, Etiopia – Mutilazioni genitali femminili

 Le mutilazioni genitali femminili sono state proibite dal Codice Penale dell’Etiopia dal 2004. Due donne su tre di età compresa tra i 15 e i 49 anni nel Paese sono state sottoposte all’FGM, secondo i dati ufficiali del 2016.

In Africa, 28 Paesi sottopongono le donne a questa pratica. Tra questi: Somalia, Sudan, Kenia, Etiopia, Tanzania e Uganda. La Somalia ha la percentuale più alta di FGM nel mondo: circa il 98% delle donne è stata sottoposta alla procedura.

Selam è una studentessa di terza media, e vorrebbe diventare una dottoressa. Vive in un villaggio nella periferia della città di Harar, in Etiopia orientale. Tutte le donne di questo villaggio hanno subito questa mutilazione e desiderano lo stesso per le loro ragazze. Primogenita di otto figli – quattro femmine e quattro maschi – Selam lo ha rifiutato, ha denunciato e insiste nel voler tornare a scuola.

Una pratica molto radicata

Questa pratica culturale profondamente radicata, può portare a gravi problemi di salute per tutta la vita e traumi psicologici. E poi difficoltà di minzione, mestruazioni e rapporti sessuali dolorosi. Ma non è facile cambiare una cultura praticata da millenni.

Non a caso, gli anziani del villaggio, che sono per la maggior parte uomini, non sono aperti al cambiamento e sostengono che la femminilità è definita dal taglio, il che significa che gli uomini non possono prenderle come mogli senza di esso.

Per due anni, SOS Villaggi dei Bambini ha lavorato insieme al Ministero degli Affari Femminili e dell’Infanzia in Etiopia. Per educare la comunità sulle pratiche tradizionali che violano i diritti dell’infanzia. Riuscendo cos’ a salvare, grazie al progetto Joining Forces for Africa (JOFA), 26 ragazze dalla mutilazione e altre otto dal matrimonio precoce.

Si tratta di un progetto che ambisce a raggiungere più di 50.000 bambini/e e lavora per porre fine a tutte le forme di violenza nei loro confronti.

Selam è oggi conosciuta nella sua comunità per aver sostenuto la lotta contro le mutilazioni genitali femminili. In occasione di incontri comunitari e a scuola, parla con sicurezza della sua storia, anche i suoi genitori hanno cambiato opinione riguardo la pratica. «Quando vado a scuola la mattina, dico alle mie amiche che il matrimonio non è necessario alla loro giovane età e che la circoncisione è proibita,» racconta. «Le ragazze devono continuare a studiare. E se i loro genitori provano a forzarle, saranno portati davanti alla legge».

Zala, Etiopia – Matrimoni infantili

 L’Etiopia ha uno dei tassi più alti di matrimoni infantili, precoci e forzati (CEFM): 4 ragazze su 10 si sposano prima di compiere 18 anni.

 Zala ha 16 anni, vive nella regione di Oromia, in Etiopia orientale e ha grandi piani per il suo futuro. «Voglio finire la scuola e diventare un dottore. Mi piace aiutare le persone e voglio curare i pazienti, in modo che tornino a essere sani» racconta.

All’età di 12 anni è stata costretta ad abbandonare la scuola per viaggiare con suo zio nella regione somala in Etiopia. Quello che non sapeva, era che lì avrebbe dovuto sposarsi. «A quell’età, non si capisce veramente cosa sia l’amore o il matrimonio» racconta. È rimasta solo quattro mesi con il marito e la sua famiglia.

Durante il matrimonio ha provato molto dolore e disagio. Alla fine la madre è andata a trovarla e l’ha convinta a tornare a casa con lei. Solo dopo essere tornata dalla sua famiglia, ha realizzato di essere incinta, una gravidanza che non ha portato avanti a causa di un aborto spontaneo. Oltre al dolore e agli effetti negativi sulla salute derivanti dal matrimonio precoce, ragazze come Zala, una volta tornate in famiglia, si trovano ad affrontare molti stigmi.

Le comunità, spesso, respingono le ragazze divorziate così che non possano tornare a scuola o godere di una vita sociale adeguata nei loro villaggi. Malgrado anche Zala una volta tornata da Djibouti, abbia inizialmente rifiutato di tornare a scuola . «Avevo paura dei miei coetanei e della mia comunità» racconta – dopo aver ricevuto il supporto di SOS Villaggi dei Bambini in Etiopia e grazie a un supporto a domicilio, nel 2021 ha deciso di tornare a scuola.

Zala è diventata un modello nella sua scuola e nella sua comunità. Sostenendo la fine dei matrimoni infantili e rendendo i suoi coetanei e le loro famiglie consapevoli degli effetti negativi che questi matrimoni hanno sulla salute delle ragazze e il loro sviluppo.

«Ci sono molte altre ragazze che sono vittime del matrimonio infantile e molti ragazzi e ragazze che pensano sia normale sposarsi in giovane età perché è una pratica comune nella mia comunità» dice Zala e poi aggiunge «Io voglio mostrare loro che è possibile superare gli stigmi e proseguire gli studi. Io voglio che le altre ragazze sappiano che per vivere una vita felice e autodeterminata è importante essere istruite. Anche se avete abbandonato la scuola, non è mai troppo tardi per tornare e recuperare i vostri sogni».

Okasana Medvedeva, Ucraina – Zone di conflitto

Due anni di paure, di sogni dimenticati, di istruzione spazzata via insieme ad abitazioni e scuole e una situazione di continua emergenza. È questa ormai la vita del popolo ucraino dall’inizio del conflitto con la Russia, scoppiato il 24 febbraio 2022.

Oksana Medvedeva lavora per SOS Villaggi dei Bambini Ucraina dal 2015. Ha ricoperto la carica di National IPD Advisor e Fund raising & Communication Manager.

Attualmente vive e lavora a Innsbruck come Project Manager e IPD Advisor. Oksana è consapevole che la sua è una storia con un lieto fine, ma ci sono tantissime storie drammatiche di connazionali che non sono riusciti a fuggire dall’Ucraina e sono rimasti bloccati nei territori occupati. Nelle sue parole, Oksana racconta i momenti concitati nelle fasi iniziali del conflitto e valorizza storie di donne e uomini che si sono mossi per offrire tutto il supporto possibile.

«Quando tutto è iniziato, era davvero caotico ma dovevamo fare qualcosa. Fin dall’inizio abbiamo dovuto affrontare diverse sfide. Una di queste è stata ovviamente l’evacuazione delle famiglie affidatarie perché questa è la nostra prima responsabilità. SOS Villaggi dei Bambini Ucraina ha aiutato nell’evacuazione non solo le famiglie affidatarie che già sosteneva, ma le famiglie affidatarie ucraine in generale. Ci siamo dati da fare, dovevamo trovare la forza e il coraggio di reagire e aiutare chi era più vulnerabile. Se nelle prime fasi dell’emergenza è stato fondamentale garantire il trasferimento in un posto sicuro e il supporto alle famiglie sfollate – con rifugi, cibo e altri generi di prima necessità, rimborso delle spese per l’auto-evacuazione e supporto psicosociale – col protrarsi dello stato di emergenza è stato necessario fornire una risposta più strutturata» racconta Oksana.

Un esempio è la storia di una dei membri chiave del nostro team. Che, bloccata nella regione di Chernihiv, ha pensato bene di agire e aprire un servizio di supporto, coinvolgendo specialisti, pedagoghi e psicologi del settore. Il team in Ucraina l’ha supportata e oggi questa sede si è trasformata in una delle sedi dell’Organizzazione dove continua il suo lavoro.

«Nei primi mesi dallo scoppio del conflitto attorno a noi c’erano tanta povertà e disoccupazione. Bambini con lesioni mentali e fisiche, problemi di istruzione, assistevamo a una vera emergenza educativa».

Durante un’emergenza, che sia un conflitto o una pandemia, i diritti dei bambini e dei giovani, come quello all’istruzione, non possono essere ignorati. Deve essere garantita un’educazione di qualità, che possa offrire un senso di speranza, che protegga il loro sviluppo cognitivo e sostenga il loro benessere psicosociale.

«Abbiamo iniziato a creare spazi in cui i bambini avrebbero potuto ricevere supporto psicologico e svolgere attività educative».

A settembre 2022 è partito un progetto per offrire formazione, assistenza tecnica e supporto operativo a 5 Organizzazioni nazionali di SOS Villaggi dei Bambini, impegnate nella risposta al conflitto in Ucraina (Ucraina, Polonia, Romania, Lettonia, Ungheria) al fine di assicurare che gli interventi di salute mentale e di supporto psicosociale messe da loro in campo potessero essere strutturati correttamente.

Nel 2023, SOS Villaggi dei Bambini ha avviato diversi percorsi di formazione, fornendo ai colleghi di varie regioni, competenze e conoscenze essenziali per migliorare le loro capacità nell’ambito dell’MHPSS. Ad oggi, sono stati coinvolti 116 persone, tra psicologi, pedagogisti e assistenti sociali (dati aggiornati al 16/01/24).

La dimensione di genere in contesti di guerra: i dati e i progetti di SOS Villaggi dei Bambini

«Per quanto riguarda la dimensione di genere, i conflitti armati impattano le popolazioni in modi differenziati, esacerbando sempre le vulnerabilità preesistenti, e la guerra in Ucraina non fa eccezione» commenta Sara Salmi, Referente Programma emergenza Ucraina in Italia – «i dati[1] indicano che il 90% dei rifugiati fuggiti dall’Ucraina è costituito da donne e bambini, poiché la maggior parte degli uomini tra i 18 e i 60 anni è costretta a rimanere a causa della legge marziale. Questo è stato rilevato anche nel corso dei 19 mesi di progetto, visto che tra gli adulti raggiunti, le donne costituiscono l’80,8% delle persone coinvolte».

Nel contesto del Programma di risposta all’emergenza Ucraina in Italia, è stato significativo il lavoro svolto per integrare la dimensione di genere. Si è iniziato con un’analisi dei bisogni che partiva da voci femminili e a seguire la pianificazione di attività mirate che potessero tenere conto di tali bisogni. A Palermo, le attività si sono svolte nel WGSS (Woman and Girl Safe Space), un luogo sicuro in cui le donne e le ragazze sono sostenute attraverso processi di empowerment. Nelle altre città, le attività hanno supportato le donne attraverso processi di empowerment tramite attività specifiche di formazione, promuovendo l’indipendenza e l’acquisizione di competenze linguistiche, l’inserimento nel mondo del lavoro, il sostegno alla genitorialità e la condivisione di risorse e spazi per migliorare il loro benessere psicosociale.

«Dal punto di vista del coordinamento, è interessante come in tutti i team, specialmente quelli di Mantova e Trento, le equipe erano composte esclusivamente da donne – sottolinea Salmi – questo evidenzia il ruolo chiave delle donne nella creazione di reti sociali in grado di rispondere ai bisogni delle rispettive comunità. La forte partecipazione femminile nelle iniziative del progetto ha contribuito in modo significativo a tale obiettivo».

22 Marzo 2024
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