Archeologia
2:32 pm, 15 Aprile 23 calendario

Eros a cavallo di un delfino e altre meraviglie scoperte a Paestum

Di: Redazione Metronews
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Il basamento in pietra con i gradini d’accesso e la delimitazione della cella che ospitava la divinità, le decorazioni in terracotta colorata del tetto con i gocciolatoi a forma di leone, una straordinaria gorgone, una commovente Afrodite. Ma anche sette stupefacenti teste di toro, l’altare con la pietra scanalata per raccogliere i liquidi dei sacrifici e centinaia di ex voto tra cui spiccano le immagini di un eros a cavallo del delfino che la fantasia potrebbe rimandare al mitico Poseidon, il dio che ha dato il nome alla città. A Paestum stanno rivelando grandi sorprese i lavori per riportare alla luce il santuario scoperto nel 2019 lungo le mura della città antica.

Ad annunciarlo è la direttrice del parco Tiziana D’Angelo che li ha definiti «scavi unici» in grado di poter «cambiare la storia conosciuta dell’antica Poseidonia».  Tra tutte i ritrovamenti spicca un eros a cavallo del delfino, che sembra rimandare al mitico Poseidon. Plaude il direttore generale dei musei del ministero della Cultura, Massimo Osanna, secondo il quale tali scoperte stanno accendendo «una luce molto interessante sulla vita religiosa antica».

Gli scavi in questione erano partiti nel 2020 per poi essere bloccati a causa della pandemia. Da pochi mesi gli archeologi hanno ripreso i lavori e le scoperte sono state innumerevoli in poco tempo. «Quello che oggi ci troviamo davanti è il momento in cui il santuario, per motivi ancora tutti da chiarire, viene abbandonato, tra la fine del II e l’inizio del I sec. a C», spiega la direttrice del parco di Paestum.  «L’analisi delle decorazioni fittili ha permesso di datarne la fondazione nel primo quarto del V secolo a C., quando nella colonia greca erano già stati costruiti alcuni dei più importanti edifici monumentali arrivati fino a noi, il tempio di Hera, edificato tra il 560 e il 520 a.C., e quello di Atena, che si fa risalire al 500 a.C», aggiunge. Mentre «il tempio di Nettuno venne completato invece un po’ più tardi, nel 460 a.C., dopo una lunga gestazione». Una rivelazione fondamentale che va a sconfessare l’ipotesi che nelle colonie ci si limitasse a copiare le produzioni della madrepatria.

Gli elementi di forte interesse sono tanti, sottolinea D’Angelo. Come la firma – proprio su una delle statuette col delfino- degli Avili, «una famiglia di ceramisti di origine laziale, nota anche a Delo, la cui presenza qui a Paestum non era mai stata documentata». O come l’ubicazione particolarissima di questo santuario, costruito nella città, sì, ma lontano dal centro e dagli altri templi, giusto a ridosso delle mura. Vicinissimo al mare, sul quale praticamente si affacciava: «Le navi che passavano se lo trovavano di fronte».

 

 

15 Aprile 2023
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