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5:00 am, 22 Novembre 22 calendario
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La storia di Anna Maria Manna: “Io, offesa dalla giustizia”

Di: Valeria Bobbi
Anna Maria Manna
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La sua storia è una di quelle che bucano lo stomaco, una via di mezzo tra un romanzo di Kafka e un incubo infernale. Talmente incredibile, che si fa fatica a immaginare che sia un fatto realmente accaduto. Nel 1999 Anna Maria Manna (nella foto) era una 35enne serena e fidanzata, si era trasferita da poco da Taranto a Torino per un nuovo lavoro, e vedeva davanti a sé un futuro radioso. All’improvviso, una notte, mentre dormiva, viene svegliata da colpi potenti alla porta di casa. “Carabinieri”, urla qualcuno. Lei apre e la sua esistenza entra in un vortice dell’assurdo. La accompagnano in caserma, e viene arrestata. L’accusa è terribile: pedofilia. Lei è incredula, si sforza di rispondere alle domande degli inquirenti,  e ripete allo sfinimento che lei, con quelle accuse non a niente a che vedere. Non sa neanche chi siano gli accusanti e perché l’abbiano coinvolta in quella storia così infamante. Ma il suo calvario dura 14 mesi, tra carcere, arresti domiciliari e assoluzione finale. Nessuno però le chiede scusa. anche se poi riesce a ottenere un risarcimento dallo Stato per i giorni in cui è stata ingiustamente detenuta. E dopo oltre 20 anni, Anna Maria racconta che quel trauma non l’ha mai davvero superato, “per questo,  sono diventata testimonial dell’associazione Errorigiudiziari.com e giro l’Italia per sensibilizzare l’opinione pubblica”. E oggi la sua incredibile storia è diventata un libro, “L’offesa”, scritta da Rosario Orlando, l’avvocato che l’ha aiutata a dimostrare la sua innocenza.

Avvocato, in che modo Anna Maria è stata coinvolta in una storia di pedofilia?

Nel 1999 a Palagiano (Taranto) alcuni ragazzini di otto nove anni raccontavano alle maestre di aver partecipato a dei festini con adulti e di aver subito abusi sessuali. Nell’inchiesta finiscono coinvolte 10 persone. Da quel momento però le indagini prendono una piega allarmante: nel book fotografico che viene sottoposto ai bambini, fatto sostanzialmente di foto tessera prese all’anagrafe, ci sono non solo quei primi 10 soggetti, ma anche altri 2, perché letterale “presumibilmente coinvolti” in tale vicenda. Compare quindi una foto di Anna Maria di 15 anni prima in cui lei appariva molto diversa: ai bambini viene chiesto di fare una rappresentazione teatrale dei festini e di scegliere i personaggi da quelle foto. Da qui scaturisce il coinvolgimento di Anna Maria e di un’amica della sorella. Ma nel 2000, durante l’incidente probatorio con il confronto  all’americana, i bambini non riconoscono né Anna Maria né l’altra donna. L’accusa di Anna Maria viene archiviata un anno dopo l’arresto, ma intanto la sua vita è stata distrutta. L’altra donna viene processata e poi assolta nel 2005.

Come è stato possibile che per un tale periodo di tempo nessuno abbia fermato questo clamoroso errore giudiziario?

La cosa aberrante è che non ci sia stato un filtro efficace nella catena delle responsabilità e sia mancata quella serenità di giudizio che è necessaria per portare avanti delle indagini serie in una inchiesta così delicata e difficile. Sottoporre a dei bambini foto di persone che non hanno mai avuto contatti con loro, neanche alla lontana, parla da solo.

Ma c’è stato qualcuno che voleva vendicarsi di Anna Maria o della sua famiglia per storie pregresse?

Questo è il tasto dolente, perché alla fine è venuto fuori che lo zio dell’altra donna coinvolta, per motivi di eredità, ce l’aveva con il fratello e padre della ragazza, e che il comandante dei carabinieri voleva farla pagare al padre di Anna Maria, che era stato comandante dei vigili. Un complotto in piena regola, in cui due persone disoneste hanno unito i loro intenti malevoli contro due donne innocenti e nessuno, tra quelli che dovevano vigilare, se ne è accorto prima di un anno, perpetuando una grave ingiustizia.

Che cosa è mancato secondo lei nella giustizia italiana?

Tecnicamente il giudice del riesame avrebbe dovuto verificare in modo approfondito se sussistevano le motivazioni per privare una persona della sua libertà. È come se fosse saltata la catena del controllo e questo è molto grave. Penso che i magistrati dovrebbero essere sottoposti a intervalli regolari a dei chek di serenità, per verificare se la loro capacità di giudizio è intatta o no. Ma questo è un argomento quasi tabù quando si parla di magistratura. Bisogna ricordare però che ogni anno vanno in carcere almeno 1000 persone innocenti, le cui vite saranno stravolte per sempre. Io li chiamo veri e propri orrori giudiziari. In un Paese civile, non si può pensare che basti una foto mostrata a un bambino per rovinare la vita di una persona. Ci devono essere dei riscontri oggettivi.

Come sta oggi Anna Maria?

È andata avanti con la sua vita, per fortuna, ma lo shock che ha subito non è sparito, neanche dopo 22 anni. La sofferenza della sua famiglia non potrà essere dimenticata- Ancora oggi si chiede come sia stato possibile. Ricordo quando mi diceva che in certi momenti, quando insistevano con le accuse, lei stessa arrivò a chiedersi se qualcuno l’avesse drogata o addormentata per farle fare certe cose, perché sapeva che lei non avrebbe mai potuto agire nel modo che le raccontavano. Hanno minato la sua salute mentale. E questo è imperdonabile. Lei mi dice sempre, oggi, che il suo desiderio è che a nessuno capiti quello che è successo a lei.

L'offesa
Il volume “L’offesa”

 

22 Novembre 2022 ( modificato il 21 Novembre 2022 | 18:45 )
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