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12:59 pm, 17 Marzo 22 calendario

Biofertilizzanti da lombrichi e tarme mangia-plastica

Di: Redazione Metronews
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Biofertilizzanti da lombrichi e tarme mangia-plastica.  Rifiuti plastici derivanti dagli imballaggi industriali diventano cibo per insetti e lombrichi e molto presto potrebbero salvarci da questo tipo di inquinamento. In cambio, dopo la metabolizzazione, daranno ottimo compost. E il traguardo non è lontano. Le premesse sono molto buone come dimostrano i risultati preliminari del progetto Recover. Lo studio, finanziato dall’Ue e avviato due anni fa da un consorzio internazionale di cui fa parte il Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa (Dici), intende verificare la biodegradazione della plastica usata nel packaging industriale e nelle attività agricole sfruttando l’attività di insetti, lombrichi e funghi.

Biofertilizzanti da lombrichi e tarme mangia-plastica

L’obiettivo sarebbe quello di offrire alle industrie una alternativa allo smaltimento della plastica impiegata nel packaging e nell’agricoltura e di ottenere un compost di alta qualità, come è dimostrato essere quello da lombrichi. L’idea di far interagire lombrichi e insetti con la plastica – spiega Patrizia Cinelli che insegna Fondamenti Chimici delle Tecnologie al Dici dell’Università di Pisa – è nata da una serie di evidenze scientifiche che, negli anni passati, ne avevano dimostrato la capacità di metabolizzare i polimeri. «Nel settore agroalimentare – spiega – si ricicla solo circa il 30% della plastica impiegata nel packaging o in agricoltura; la maggior parte finisce dispersa nell’ambiente o nei termovalorizzatori. In questo scenario, l’analisi dei tempi e dei modi di biodegradazione della plastica dispersa nell’ambiente assume una grande rilevanza: dobbiamo capire in quanto tempo si biodegrada, e se facendolo ha un impatto sull’inquinamento del suolo. Il riciclo è difficile, perchè richiede che le varie plastiche siano separate, e spesso quelle usate per gli imballaggi del cibo ne contengono residui. Parte del lavoro di Recover consiste nell’individuare le plastiche più adatte a essere biodegradate, definendo metodi adatti a raccoglierle e pretrattarle, per poterle poi «dare in pasto» a enzimi e micro-organismi».

Quali plastiche?

I ricercatori pisani sono così occupati di selezionare la plastica adatta allo studio: «Si tratta di plastica sia vergine che riciclata – prosegue la Cinelli -: dal Pet delle bottiglie di plastica e quelli usati appunto per imballaggi e agricoltura. Ne abbiamo acquistati cento chili e li abbiamo distribuiti fra i partner del progetto di modo che ciascuno potesse darla in pasto agli insetti e ai lombrichi dei quali studia il comportamento». I risultati preliminari si sono dimostrati estremamente positivi.

Quali insetti?

Gli insetti e i microorganismi sono stati selezionati studiandone le caratteristiche in natura e potenziandoli poi con enzimi che li rendono maggiormente in grado di assorbire le quantità di plastica necessaria. Tra gli organismi selezionati l’Eisenia foetida (verme rosso californiano) il Lumbricus Terrestris (lombrico comune) e Tenebrio molitor (tarma della farina) e Galleria mellonella (tarma della cera).

La sfida: Produrre compost

«In una ulteriore fase di sviluppo del progetto – aggiunge Patrizia Cinelli – dallo scheletro degli insetti verrà estratta la chitina, da cui si produce anche il chitosano, con note proprietà anti-microbiche valorizzabili in prodotti per imballaggio attivo, agricolo, e cura della persona, mentre dai residui organici degli insetti e dei lombrichi si potrà produrre biofertilizzante. «La sfida – conclude – è quindi quella di progettare processi di compostaggio condotti da enzimi e microorganismi in grado di trattare in modo adeguato le frazioni di plastica e microplastica che arrivano al compostaggio insieme al rifiuto organico derivanti principalmente dalla produzione e commercializzazione degli alimenti, e dalle pratiche agricole.

Pi1/Mav

 

17 Marzo 2022
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