Vaccino anticovid
3:29 pm, 2 Febbraio 22 calendario

L’italiana Bottazzi: «Ecco il nostro vaccino anticovid senza brevetto»

Di: Paola Rizzi
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Indigeno, vegano, halal, opensource, tradizionale, collaudato, economico, semplice, decolonizzato. Sono alcuni degli aggettivi che la microbiologa Maria Elena Bottazzi (nella foto), nata a Genova e  trasferitasi con la famiglia a 9 anni in Honduras, per poi avviare il suo lavoro di ricercatrice in Texas, utilizza per definire il vaccino contro il Covid 19 che ha messo a punto con il collega Peter J. Hotez e che sta facendo parlare mezzo mondo. Soprattutto quella metà che finora è rimasta fuori dalle campagne di vaccinazioni di massa, con il fallimento del programma internazionale per la distribuzione dei vaccini nei paesi poveri Covax. Secondo i calcoli dell’Oms e di Our world in the data solo il 10% della popolazione dei paesi a basso reddito ha ricevuto una dose, 36 sui 194 che aderiscono all’Oms, mentre in 88 solo il 40% è stato vaccinato almeno una volta . Troppo poco per sentirci al sicuro.

Ora Bottazzi e il suo team nel Centro Sviluppo vaccini dell’Ospedale dei Bambini del Texas hanno messo a punto un vaccino proteico tradizionale, in tutto simile, come modello, a quelli già utilizzati per l’epatite B, basato sull’utilizzo dei lieviti. Ma soprattutto non brevettato, quindi disponibile gratis per chiunque lo voglia produrre. La compagnia farmaceutica indiana Biological E. lo ha già sottoposto ai trial e messo in produzione nei suoi stabilimenti con il nome di Corbevax e l’agenzia regolatoria di New Delhi, l’Aifa locale, lo ha validato per la somministrazione di emergenza (come tutti i vaccini che stiamo usando, il che significa accelerazione nella valutazione dei dati a trial in corso) il 28 dicembre. I vantaggi? «Costa poco, una dose un dollaro e mezzo, non richiede di modificare le filiere industriali perché utilizza tecnologie tradizionali di produzione a basso costo. E poi potrebbe anche superare le diffidenze di chi è spaventato da vaccini a rna messaggeri o dna modificato, perché si tratta di modelli già ampiamente sperimentati» spiega la Bottazzi. Bingo, quindi.

Ma perché se ne parla ancora così poco e soprattutto come ci si è arrivati?

«Io e il mio team lavoriamo da 20 anni nel centro di sviluppo vaccini nell’ambito delle malattie tropicali nei paesi più poveri. Un lavoro che facciamo come attività non a scopro di lucro in rete con altri centri internazionali, come quello dell’ospedale Negrar, a Verona. Da dieci anni ci siamo focalizzati sui patogeni emergenti, come Sars e Mers. Abbiamo messo a punto un vaccino ai tempi della Sars che avremmo dovuto realizzare assieme al centro medico Walter Reed dell’esercito degli Stati Uniti. Salvo che poi l’emergenza Sars è passata e con quella anche i fondi. Però quei dati ci sono serviti per lavorare su questo nuovo coronavirus. Sapevamo già che potevamo usare le proteine ricombinanti contro la proteina spike e abbiamo ripreso quegli studi».

Quindi eravate avvantaggiati ma poi si è puntato su altri tipi di vaccini, come mai?

«Perché c’era bisogno di qualcosa di rapido. Produrre una molecola di Rna messaggero o Dna è più veloce da fare in laboratorio ma poi c’è il problema della filiera produttiva su larga scala, che andava creata da zero ed è molto costosa. Nel nostro caso è più lenta la prima fase ma poi c’è un ecosistema di produzione già collaudato e decentrato. Non si devono costruire nuove fabbriche o comprare reagenti carissimi. E poi noi non abbiamo voluto mettere la barriera del brevetto».

Quanto è efficace il Corbevax?

«I trial in fase tre della Biological E. hanno coinvolto 3000 persone e hanno mostrato che neutralizza più dell’80% virus delta e virus beta e più del 90% del virus di Wuhan. Ora stanno facendo le verifiche su Omicron, siamo ottimisti. E hanno avviato i trial sui bambini dai 5 anni ai 17. Il governo indiano ha già ricevuto una fornitura di 300 milioni di dosi e a breve parte la somministrazione».

Il vostro vaccino proteico è dello stesso tipo di Novavax che ora è stato autorizzato anche in Italia?

«Anche loro utilizzano proteine ricombinanti, ma a partire dalle cellule degli insetti, noi dei lieviti e il loro modello è più complicato del nostro anche dal punto di vista della filiera produttiva».

Qualcuno ha sottolineato che ci sono pochi dati pubblicati.

«I nostri trial preclinici di laboratorio sono disponibili liberamente: chiunque può accedervi e volendo produrre in proprio il vaccino oppure noi forniamo lo starter kit. Per quanto riguarda i trial clinici i tempi della loro pubblicazione sono legati ai tempi delle agenzie regolatorie indiane. Ma comunque la Biological E è un’azienda molto solida che da anni lavora anche con l’Oms».

L’Oms non si è ancora espressa sul vostro vaccino, come mai?

«No, siamo in coda, anche se tutti i dossier sono stati mandati. Bisogna tenere conto del contesto: non abbiamo tutti i miliardi che hanno le multinazionali con uffici apposta per mandare avanti i loro rapporti nelle agenzie internazionali. E’ un processo più lento. L’urgenza dei produttori al momento è che le agenzie regolatorie nazionali e i committenti, cioè i governi, abbiano i dati per concedere le autorizzazioni e fare gli ordini».

Voi non ci guadagnate niente in tutto questo?

«Il nostro metodo di lavoro prevede che si separino i costi della ricerca da quelli della produzione. Noi ricercatori cerchiamo i fondi per contro nostro, attraverso la filantropia, le fondazioni di ricerca, i grant. Sia noi che la compagnia non abbiamo avuto certo miliardi come gli altri. Stiamo parlando di 5-6 milioni di dollari noi ricercatori e la compagnia indiana ha avuto un po’ di soldi dalla Bill Gates Foundation, dal governo, poi dei prestiti».

Poca roba se confontati con i 20 miliardi di soldi pubblici calcolati da Bloomberg che sarebbero andati a Big Pharma.Voi avete cercato partner industriali anche negli Stati Uniti e in Europa?

«Si ma non siamo riusciti a trovare nessuno. Non siamo stati fortunati, non siamo stati scelti. Nei paesi ricchi per ora non abbiamo trovato interessi altruistici per questo tipo di produzione. Anche se credo che per esempio per gli scettici, i cosidetti no vax, possano essere uno strumento valido per superare paure, comunque ingiustificate».

E’ chiaro qual è l’interesse di una multinazionale, soprattutto sulla questione brevetti, meno chiaro che le agenzie pubbliche non vi abbiano contattato

«Hanno puntato tutto sulle tecnologie nuove, sempre secondo il businnes model normale delle multinazionali, senza pensare di decolonizzare il vaccino. Comunque a noi interessava di più trovare produttori in Indonesia, Bangla Desch, America Latina, Africa, per produrre in modo semplice, cosa che con i vaccini Pfizer e Moderna non è possibile».

Oltre all’India siete in contatto con altri paesi?

«Abbiamo in corso contatti con la Biofarma in Indonesia, per l’estate ci aspettiamo l’approvazione del governo, tra l’altro loro avevano l’esigenza di vaccino halal, senza proteine animali. Poi stiamo discutendo con compagnie in Bangla Desch e in Sudafrica e Botswana. Ma anche con altri paesi. L’idea nostra è il concetto di vaccino indigeno che ognuno produce in base alle proprie necessità in proprio».

Il vostro è l’unico vaccino senza brevetto in circolazione?

«Per quel che ne sappiamo sì, noi lavoriamo così, trattiamo da sempre per lo più di malattie trascurate in paesi poveri. Non vogliamo aggiungere un’altra barriera».

Bottazzi e Hotez candidati al Nobel

In una lettera al Comitato norvegese per il Nobel, la deputata Usa Lizzie Fletcher, del partito democratico, ha nominato il dott. Peter Hotez e la dott.ssa Maria Elena Bottazzi, preside della National School of Tropical Medicine presso il Baylor College of Medicine e co-direttori del Center for Vaccine Development presso il Texas Children’s Hospital, per il Premio Nobel per la Pace 2022 per il loro lavoro di sviluppo e distribuzione di un vaccino COVID-19 a basso costo a persone di tutto il mondo senza limitazioni di brevetto. «Mentre le persone in tutto il mondo affrontano le numerose sfide della pandemia di COVID-19, lo sforzo di sviluppare e distribuire un vaccino a basso costo a tutte le persone in tutte le nazioni senza limitazioni di brevetto rappresenta il lavoro per la fraternità tra le nazioni e le persone che il Nobel per la Pace Il premio incarna e celebra» ha affermato la deputata Lizzie Fletcher. «Siamo così grati al membro del Congresso Fletcher per aver riconosciuto il nostro lavoro e siamo così lusingati che ci abbia nominato per questo premio più prestigioso-  ha commentato Bottazzi -Abbiamo un team di scienziati che ha lavorato diligentemente per anni per portare tecnologie sanitarie appropriate e convenienti a coloro che sono stati trascurati in tutto il mondo. Quando è arrivata la pandemia di COVID, volevamo fare la differenza e avevamo grande fiducia che la nostra tecnologia per il vaccino contro il coronavirus, precedentemente sviluppata, potesse portare a una soluzione globale. Si spera che cambierà il gioco per molti paesi».

 PAOLA RIZZI

2 Febbraio 2022 ( modificato il 6 Febbraio 2022 | 16:41 )
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