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5:48 pm, 16 Novembre 21 calendario
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Lombardia, le mani della ‘ndrangheta su imprese e politica

Di: Redazione Metronews
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MILANO – Sono 54 le persone fermate in Lombardia nella maxi operazione contro la ‘ndrangheta “Cavalli di razza”, coordinata dalle Dda di Milano, Reggio Calabria e Firenze per disarticolare l’organizzazione mafiosa che in Lombardia aveva preso piede tra le province di Varese e Como. Un complesso “sistema” che si proponeva di gestire il traffico di droga dall’Italia alla Svizzera e quello di armi dalla Svizzera all’Italia, con una predisposizione, per quanto riguarda la Lombardia, «a inquinare il tessuto economico della Regione», come ha detto il procuratore Riccardo Targetti, creando cooperative (nei settori del facchinaggio, delle pulizie, della ristorazione e del trasporto) che generavano «ricchezza illegale tramite un meccanismo di fatture false, acquisto e utilizzo crediti fasulli e omissione dei pagamenti di imposte e contributi. Un meccanismo perverso», ha proseguito Targetti, «che vede imprenditori inizialmente estranei all’ambiente criminoso e che, soggetti a estorsioni e usura, si rendono disponibili a diventare complici dell’organizzazione». Secondo la procuratrice aggiunta della Dda milanese, Alessandra Dolci, si tratta di «un mix di arcaicità e di assoluta modernità», in cui lo scopo è quello di sfruttare le vittime per acquisirne il “know how” e sostituire le mazzette con i proventi dell’evasione fiscale.

‘ndrangheta a Lomazzo e Como: i politici coinvolti

Diversi i politici coinvolti nell’inchiesta. Marino Carugati e Cesare Pravisano, rispettivamente ex sindaco ed ex assessore a Lomazzo (Como), già condannati per bancarotta fraudolenta in un’inchiesta della procura di Como con al centro un sistema di frode che passava attraverso consorzi e cooperative creati e poi volutamente destinati al fallimento, avrebbero addirittura partecipato a riunioni della ‘ndrangheta con la famiglia Molé a Gioia Tauro nel 2010. Sempre restando a Lomazzo, sono state intercettate telefonate di un imprenditore locale, Francesco Crusco (non indagato) al numero di Nicola Fusaro, eletto e poi nominato assessore per la Lega, nelle quali il primo esterna le sue «aspettative, facendo pesare il suo appoggio elettorale» e sottolineando però che il sostegno sarebbe stato ad personam per Fusaro più che per la Lega: «Diglielo in faccia la tuo sindaco che Crusco ha votato per Fusaro non per la Lega, che se Fusaro non parlava, i 700 voti in più non li beccavi». In successive telefonate, Crusco si informava con Fusaro su chi avesse preso l’Assessorato all’Urbanistica («È la cosa più importante, deve essere uno che ci serve») e “raccomandava” il fratello che lavora nell’ambito dell’ecologia al neo assessore che proprio di questa materia sarebbe andato a occuparsi. I due inoltre avrebbero suggellato «il patto elettorale» per «ottenere alcuni favori elettorali a favore della Fondazione Minoprio» di cui Fusaro è consigliere. E ancora: contatti sono stati registrati tra Giuseppe Valenzisi, uno degli indagati per i quali è stato chiesto il fermo nelle indagini sulla ‘ndrangheta lombarda, e «diversi amministratori pubblici» tra cui Antonio Tufano, consigliere comunale di Como ora in Fratelli d’Italia dopo trascorsi anche in Forza Italia. Ne scrivono i pm nel provvedimento: «Dalle attività tecniche in corso, operate direttamente a carico di Giuseppe Valenzisi a partire dal 6 maggio 2009, sono stati rilevati punti di contatto con diversi amministratori pubblici, tutti venuti alla luce partendo da quelli con Antonio Tufano. Il legame tra lui e Valenzisi è apparso sin da subito solido tan’è che il consigliere ha fatto da garante per Valenzisi verso ulteriori candidati che, all’evidenza dei fatti, hanno chiesto l’appoggio del calabrese in occasione delle elezioni amministrative del 29 maggio». Tufano non risulta indagato.

Un finanziere infedele. E ci sono anche le vittime dei mafiosi

Compare anche un finanziere, ora ex militare della Guardia di finanza di Olgiate Comasco (Como), tra i fermati. Da quanto emerge nell’indagine, M.C. è un «soggetto a “libro paga” della famiglia Salerni» che in cambio di denaro avrebbe compiuto «atti contrari ai doveri d’ufficio», comunicando informazioni riservate, nella verifica fiscale sulla società Sea Trasporti. Da qui, come si legge nel provvedimento, l’accusa di corruzione per «somme di denaro mensili», promesse e in parte date, «complessivamente non inferiori a 4.700 euro», oltre a «reiterate erogazioni di carburante». Ma ci sono anche le storie delle vittime. Come quella di un imprenditore ridotto sul lastrico, costretto a vendere la casa e a dormire in macchina, come raccontato dalla moglie agli inquirenti, oppure quella un dipendente di un’importante ditta di Como specializzata nella vendita di bevande che si è licenziato per non dover più subire minacce e violenze

16 Novembre 2021
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