Elisa Cassanelli
5:00 pm, 3 Settembre 20 calendario

“Le ali del geco” l’esordio di Elisa Cassanelli

Di: Redazione Metronews
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ROMANZI Elisa Cassanelli è autrice del romanzo “Le ali del geco”, edito da Albatros.
Partiamo dal titolo “Le Ali del Geco”. Avrebbe potuto chiamarlo in modo più semplice: “Un anno a Hell’s Kitchens”. In fin dei conti la metropoli americana e il caratteristico quartiere al centro di Manhattan sono il cuore del suo romanzo.
«Sì, è vero, questo titolo avrebbe condensato in poche parole il contesto. New York è il set dove si svolge la parte principale della vicenda. Intorno alle contraddizioni e alle suggestioni della città, prende forma il nuovo profilo identitario del giovane romano protagonista del romanzo. “Le ali del geco”, però, è più poetico e fa riferimento alla parte “magica” del testo che, secondo me, ha una certa importanza nell’economia della narrazione».
Chi è il protagonista del suo romanzo? È il suo primo romanzo e lei è una voce nuova nel panorama letterario.
«Sì. Si tratta del mio esordio in campo letterario ma ho già scritto alcuni testi per il teatro. Il protagonista del romanzo è un giovane romano che si reca a New York per seguire un master in legge. La sua esperienza è solo all’apparenza leggera. In realtà gli argomenti trattati nel libro non sono leggeri per nulla e riguardano: il suo posto nel mondo, l’insoddisfazione per le prospettive di vita nel suo Paese dove, dopo tanti anni di studio, si riceve spesso un misero rimborso spese, le relazioni con il prossimo, scelte che sembrano obbligate e scelte che vorrebbe rinviare. Fa da corollario al racconto l’affetto per la sua famiglia da cui sente di doversi separare per potersi affermare come singolo. Mi interessava parlare delle tante problematiche che caratterizzano il mondo dei trentenni nella società d’oggi».
Pensa di avere scritto un racconto realistico ovvero una storia surreale, con agganci alla realtà di oggi stretta tra il mondo virtuale dei social e la vita reale?
«Nel romanzo c’è il quadro più realistico delle relazioni amorose, attraverso le quali il giovane protagonista diventerà più adulto e dell’incontro con un giovane senzatetto geniale che gli insegnerà a stare al mondo. Ma c’è una parte “magica” che lo porterà a dialogare con il suo “Io” più sensibile, necessariamente correlata al primo».
Sul piano dello stile come definirebbe il suo romanzo? Si potrebbe definirlo un romanzo “on the road” per il fatto che le strade e gli scenari urbani sono così presenti? Sembra di seguire il protagonista nei suoi spostamenti da un punto all’altro della città, ovvero da un posto all’altro del mondo. Da New York a Roma e poi in California. Perché sono così importante i luoghi dove si svolge l’azione? Per lei talvolta il posto appare più più importante della vicenda.
«Non sono completamente d’accordo. È ovvio che la vicenda prende il sopravvento e, alla fine, domina su tutto. Ma i luoghi sono essenziali. Ho voluto dare alla scrittura un ritmo incalzante come se ci fosse una macchina da presa che segua il protagonista nei suoi spostamenti. In questo modo lo sguardo del narratore, che poi è lo stesso protagonista, coincide con quello di un’ipotetica macchina da presa. Inoltre, l’importanza che nel romanzo hanno i fatti della vita quotidiana, anche di aspetti marginali, rende indispensabile puntare l’obiettivo su dati particolari dell’ambiente. Attraverso la descrizione di aspetti all’apparenza inessenziali il protagonista realizza una sorta di autoanalisi che rivela i lati più profondi dell’essere».
Ma il suo è un romanzo americano? Il nostro giovane romano diventa alla fine un po’ straniero?
«No davvero, il nostro protagonista resta legato alla sua città, alle strade della sua Roma, che non smette di sognare e dove si sente a casa».
METRO

3 Settembre 2020
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