«Ho fotografato la mafia, con Falcone non ce l’ho fatta»
ROMA «Ho cominciato a fotografare a 40 anni. All’inizio facevo foto bruttissime, poi ho capito che mi esprimevo meglio con le foto che con le parole. È stata una chance della mia vita che mi ha permesso di realizzarmi come persona perché prima non lo ero».
Eccola Letizia Battaglia, 84 anni e non sentirli, riuscendo ancora a sorprendere, ad offrirsi in faccia ad ogni stereotipo. Caschetto rosa, sigaretta sempre tra le labbra, compagni di decenni più giovani, macchina fotografica sempre in mano, irrefrenabile voglia di scoprire e un pugno di certezze.
«Non ho sensi di colpa – spiega – ho dato fastidio a molti, ma vado avanti: mi piace questa età e non temo niente, neanche la fine».
Questo raccontano lei e il film su di lei “Shooting the Mafia” (da dicembre in sala) dopo essere stato al Sundance e alla Berlinale, e dopo essere stato presentato al Biografilm Festival, dove ha ricevuto il Celebration of Lives Award.
«Era il momento di darmi in pasto a qualcuno per raccontare la mia storia», dice la fotografa che ha raccontato la mattanza mafiosa della sua Palermo come nessun altro.
«Era difficile capire che l’orrore dei morti ammazzati – confessa – dovevi fotografarlo. Che dovevi farlo per amore. Ma non ho voluto fotografare Falcone morto perché lo amavo troppo. Poi me ne sono pentita. Quando mi dicevano di andare a scattare sul luogo del delitto, correvo. Non mi fermavo neanche se mi capitava di star male davanti ad alcune scene veramente violente».
SILVIA DI PAOLA
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