«Avrei voluto conoscere la Colvin che ora interpreto»
ROMA Voleva esserci sempre. Ha documentato in prima persona le guerre in Medio Oriente, Cecenia, Kosovo, Zimbabwe e Sri Lanka, dove nel 2001 perse l’occhio sinistro. Sotto il giubbotto antiproiettile teneva sempre elegante biancheria intima perché, diceva, «posso morire in ogni momento e voglio farmi trovare a posto quando mi spoglieranno». Era Marie Colvin, grandissima reporter morta nel 2012 in Siria, presumibilmente per ordine del governo di Bashar al-Assad, mentre tentava di raccogliere informazioni sulla guerra civile in corso. Da giovedì al cinema avrà il volto di Rosamund Pike in “Private War”.
È vero che ha voluto interpretarla ad ogni costo?
«Sì, anche se sono più giovane, non sono americana e non le somiglio affatto»
Le piaceva l’idea di una donna che ha fatto a pezzi ogni stereotipo?
«Sì. Era troppo mascolina? Assolutamente no. Era competitiva con le donne più giovani?No, assolutamente no. Era ambiziosa? Sì e lo diceva. Era senza paura? No. Aveva una paura tremenda di andare nelle zone di guerra e ci andò comunque. Questo è il vero coraggio. Avrei voluto conoscerla. Uscire e bere un Martini con lei».
Dopo Marie Colvin, sarà Marie Curie: cosa si direbbero queste due donne?
«Penso che Marie Colvin avrebbe fatto bere Marie Curie fino allo svenimento».
SILVIA DI PAOLA
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