Alfonso Sabella
6:30 pm, 3 Ottobre 16 calendario

Mafia Capitale, Sabella: Appalti e sociale, nulla è cambiato

Di: Redazione Metronews
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ROMA In Campidoglio era stato chiamato per ripristinare la trasparenza dopo Mafia Capitale. Ignazio Marino lo volle assessore subito dopo gli arresti del dicembre 2014, anche se lui, il magistrato Alfonso Sabella, avrebbe preferito un ruolo amministrativo come capo gabinetto, «non avrei perso 90mila euro all’anno» Chiamato come testimone dai legali di Salvatore Buzzi, il “cacciatore di mafiosi”, oggi nell’aula bunker di Rebibbia ha ricostruito gran parte della sua esperienza politica  da assessore alla legalità del comune di Roma, dieci mesi intensi in cui si ritrovò anche a gestire il delicato municipio di Ostia, dopo le dimissioni e il successivo arresto dell’ex minisindaco Andrea Tassone.
Appalti, bilancio e trasparenza. I temi di discussione sono stati tanti, molti dei quali ancora attuali. «La situazione a Roma non è cambiata – ha spiegato Sabella – Il comune ha ancora 44 stazioni appaltanti e oltre 100 centri di spesa. Ogni dipartimento, municipio, o articolazione periferica fa le sue gare e i bandi senza alcun uniformità, con dei costi enormi. Se io devo comprare 15 poltrone per i presidenti di municipio, un conto è fare una gara per 15 poltrone, un conto fare 15 gare differenti. L’ultima delibera che avevo predisposto prevedeva di dotare Roma di una centrale unica di spesa. Era stata approvata dalla giunta ma il consiglio comunale si è sciolto prima».
Alessandro Diddi, legale di Salvatore Buzzi, nel corso del suo esame ha ricordato di quando “Buzzi comprò un’intera pagina sui giornali contro Alemanno”. Eppure, è proprio sul sociale, secondo Sabella, che si sarebbe aperta una vera e propria «autostrada per il crimine, attraverso una serie di delibere lasciate in eredità dall’ex sindaco Gianni Alemanno. Una delibera prevedeva che il 5% del bilancio fosse destinato alle coop sociali di tipo B tramite affidamenti semplificati. In un’altra, invece, il consiglio comunale stabiliva che non vi fosse più la necessità di verificare tutti gli affidamenti sotto la soglia comunitaria di 200 mila euro».
Il frazionamento di ogni appalto sotto questa cifra, secondo il magistrato, di fatto eludeva ogni possibilità di controllo, ed era diventata una vera e propria prassi. «In Campidoglio – ha aggiunto Sabella – si erano creati dei meccanismi per bypassare il segretario generale. I dipartimenti scendevano sotto soglia per evitare i controlli rigidi dell’ex segretario Liborio Iudicello». Anche se, in molti casi, sul sistema degli appalti, più della mala amministrazione, avrebbe influito l’assenza di un bilancio previsionale. «Anche l’ex sindaco Marino si era trovato dei contratti che non era riuscito a rimettere in gara. Lavorando in dodicesimi (ossia rinnovando di mese in mese gli affidamenti ndr) aumentava il numero di proroghe. Si andava in emergenza e non c’era la possibilità di scelta».
MARCO CARTA

3 Ottobre 2016
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