Referendum greco
10:37 pm, 5 Luglio 15 calendario

A questo punto i negoziati diventano più difficili

Di: Redazione Metronews
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ATENE E adesso che succede? Siamo davvero di fronte a un passo della Grecia verso l’uscita dell’euro? Con l’aiuto dell’economista Paolo Manasse, professore all’Università di Bologna, cerchiamo di capire i prossimi passaggi dopo il referendum greco.
NEGOZIATI
Ci saranno sicuramente giorni di trattative frenetiche, ma con il no il negoziato è diventato molto più difficile. Tsipras che già era considerato velleitario e intransigente, sarà portato a rincarare la dose. Anche da parte europea ci sarà un irrigidimento, anche perché «il comportamento greco di ribaltare il tavolo con un referendum quando si era a un passo dall’accordo ha alienato ad Atene anche i favori di chi si è mostrato negli ati concreti più disponibile ad aiutare la Grecia, compresa persino la Merkel, checché se ne dica», spiega Manasse.
GREXIT
«Non credo che si arrivi subito a una situazione  estrema come l’uscita dall’euro», sostiene Manasse, «ma certo il no è un passo di Atene verso l’uscita, la direzione è questa». E la Grecia si troverà in una difficoltà molto forte, se succederà il collasso che si teme. Forse Tsipras sarà costretto a fare concessioni. Intanto continueranno i limiti di liquidità, ci saranno le file ai bancomat e tutti i problemi economici di questi giorni. La Bce non potrà  allentare la tensione.
SCADENZE
Il vero termine ultimo è il 20 luglio, quando scadono 3,5 miliardi di titoli greci comprati dalla Bce che devono essere rimborsati. Se Atene non pagherà – a meno di un accordo – non ci sarà più margine, la Bce non potrà tecnicamente più fare prestiti d’emergenza a chi rifiuta di rimborsare i debiti.
CONSEGUENZE
A lungo termine l’uscita dall’euro apre un precedente per il quale la moneta non è irreversibile. La speculazione, come nel 2011, potrebbe aprire la caccia all’anello debole dell’euro. «Il rischio è più basso del 2011 – spiega Manasse – perché l’Europa da allora si è dotata di strumenti per scongiurare questo tipo di crisi, i Paesi più esposti hanno fatto riforme e vivono situazioni politiche meno instabili. Il contagio economico dovrebbe essere limitato, e ad esempio i 40 miliardi che l’Italia rischia di non avere indietro erano comunque da rimborsare in molti lustri. La concorrenza di una dracma svalutata non sarebbe così preoccupante. Se succedesse il patatrac greco che nessuno si augura, gli altri Paesi potrebbero persino riceverne una stabilizzazione politica in seguito alla perdita di credibilità dei movimenti no-euro».
O. BA.

5 Luglio 2015
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